“Fare startup non è figo! Fare startup fa schifo!”. Questa la prima riga del libro di Giancarlo Sciuto, siciliano classe 1991, che nel 2016 co-fonda SEO Tester Online, startup che ogni anno aiuta migliaia di aziende ad analizzare, ottimizzare e monitorare i propri sito web.
Continua l’autore: “fondare una startup non è come viene dipinto dai giornali o da noi stessi founder: lanciare una startup è come attraversare una valley di lacrime”. Iniziamo quindi a sfatare i miti di garage magici in cui il sogno diventa realtà in un battito di ciglia.
Cosa vuol dire fare startup oggi
Fare start-up significa respirare momenti incredibili, soddisfazioni che ripagano ovviamente tutti gli sforzi, ma si vive con la costante paura di non farcela, di buttare tutto alle ortiche, di lasciare i propri collaboratori a casa da un giorno all’altro per mancanza di fondi e con mille altri di questi pensieri che non ti lasciano dormire tutte le notti come vorresti: fare start-up è come andare continuamente all-in. E in Italia fallire è ancora un tabù, si rischia una Lettera Scarlatta da portare sul petto a lungo se le cose non vanno bene. E le cose non funzionano in circa una startup su 2 o 3 in media. Ma non tutte “falliscono”; spesso semplicemente evolvono in altro.
La figura del founder di una startup e la Valley
Founder si nasce, più difficilmente lo si diventa. Queste sempre le considerazioni dell’autore su chi può fare startup, sulla figura cardine da cui tutto muove. Perchè si, è da li che prende il via tutto e da cui, spesso dipendono le sorti si un progetto. E se vi state chiedendo dove sia meglio aprire una startup la risposta è semplice: La Valley è la Valley (e l’immaginario che abbiamo in testa sentendo questo nome è chiaro e fatto di uffici openspace, di nerd e palystation), e l’Italia non è la Valley.
Ma vale comunque la pena fare startup nel nostro paese? La risposta è sì. Per autodeterminarvi in un paese che oggi vede tassi di disoccupazione alti tanto quanto il livello di insoddisfazione di certi impiegati nelle loro aziende. E anche per accendere un barlume di speranza in un paese che non vede oggi un futuro (giovane e innovativo) cosi roseo.
Vuoi fare startup in Italia?
Ecco quali sono per l’autore le domande da farsi prima di partire:
- Quale è la tua propensione al rischio?
- Cosa sono disposto a mettere in gioco?
- Per quanto tempo?
- In cambio di cosa?
Rispondere sinceramente a queste sarà la vostra base di partenza e permetterà, come dice l’autore, di “allineare cuore, testa e pancia”. Vediamo quindi di approfondirle un po’, per farvi venire voglia di andare poi a leggere il libro per saperne di più!
Partiamo dalla propensione al rischio, che dipende essenzialmente da due fattori: il vostro modo di essere e ciò che avete da perdere nel caso in cui le cose non vadano per il verso giusto.
Fare start-up non è come lavorare full time. Impegnarsi nello sviluppo della propria idea di business, soprattutto nelle prime fasi, è qualcosa di totalizzante che monopolizza le vostre giornate e potrebbe avere delle implicazioni veramente molto pesanti sul vostro work-life balance. Siete davvero disposti a mettere in gioco tutto questo? Il vostro tempo libero, il sonno, le vostre pensioni e i vostri svaghi?
Lasciatemi dire che in tutto il libro la trasparenza con cui l’autore vi racconta il mondo delle startup è disarmante per quanto non siamo abituati a vederle così o a sentircele raccontare così. Ma ho apprezzato la narrazione vera e autobiografica che vi aiuterà a capire davvero cosa sia il sogno: si raggiungibile, ma ad un certo prezzo che spesso non è quantificabile in € ma in tempo e benessere.
Decidere quindi per quanto tempo della propria vita si voglia investire su un progetto di startup è una di quelle domande fondamentali e valutazioni da fare per evitare di perdere capitale, oltre alla propria salute mentale. Tenere in vita un progetto che non riesce a decollare non farà altro che relegare i vostri successi in un limbo, dice l’autore. Prosciugherà il vostro entusiasmo con la frustrazione e vi farà perdere nuove occasioni. Non vi permetterà di sfruttare il bagaglio di esperienze maturate usando il vantaggio di non commettere gli errori che avete già commesso in passato.
E la exit strategy legata alla vendita di una startup è un sogno? No. Tutto è possibile, i tempi però non si misurano in mesi, ma in anni.
L’ultima domanda da porsi è quella relativa a cosa si vuole ottenere come contropartita dei nostri sacrifici. E sì, stiamo parlando di DENARO, di opportunità, di personal brand e di IMPATTO (sulla vita di altre persone).
La capacità di adattamento di un founder
Risposto alle 4 domande sopra, si inizia a parlare di cosa non può mancare tra le qualità per fare startup, ovvero la capacità di adattamento. Adattarsi implica l’accettare che le cose possano cambiare o che possano essere differenti rispetto a come le avevamo valutate.
Uno degli errori più frequenti commessi da chi inizia un progetto di startup è proprio quello di partire da un’idea e di lasciare che nel tempo tutto rimanga aggrappato a quel concept iniziale, rifiutando di cambiare strada di fronte ad alcuni chiari segnali del mercato.
Cambiare idea, strategia, punto di vista, il modo di fare le cose e vivere il cambiamento sono i cinque punti essenziali che riguardano il cambiamento stesso, secondo l’esperienza dell’autore.
Nelle pagine in cui questi cinque punti vengono sviscerati vi troverete a leggere di cultura aziendale, dell’importanza di co-founder e degli advisor, la storia di qualche grande founder, il concetto di velocità e di stress, la meditazione, il sonno e l’alimentazione.
Arrivati a questo punto la domanda vera è: ma quindi perché fare startup e affrontare questa Valley di lacrime? La risposta la trovate nel libro e ancora una volta le parole dell’autore non vogliono nascondervi nulla di cosa significa davvero essere founder di una startup, mettendo in luce i problemi certo, ma anche le TANTE cose positive che (spoiler) vanno oltre ai soldi.
In conclusione
A chi è rivolto: a chi vuole lanciarsi in una startup e sta cercando una guida per capire se è la sua strada o meno. È un libro che parla di in primis di mindset da avere se ci vuole lanciare in questa avventura più che di procedure.
Quanto è pratico: l’autore ci racconta la sua storia; ma anche quella di tanti altri founder si startup e del loro punto di vista.
È da avere in libreria: è un libro illuminante che sicuramente aiuta avere sotto mano nei momenti di sconforto “da founder”. Anche perché “la lettura” è una delle attività consigliate per riposarsi un po’.