“Se c’è una lezione che si può ricavare da un libro come questo è che scrivere è un’attività impegnativa e frustrante, in cui è più ciò che si cancella rispetto a ciò che si tiene, più ciò che si deve saper nascondere – la fatica, lo sforzo, la padronanza della tecnica – rispetto a ciò che si può mostrare.
L’altra lezione è che scrivere ha a che fare con ciò che siamo, con la nostra identità, con la nostra memoria, e soprattutto ha la prodigiosa capacità di sopravviverci.”
Inizia cosi il libro di Andrea De Benedetti che si pone subito la domanda del secolo: sarà ancora cosi nel futuro? Nell’era di ChatGpt e company, quella della scrittura “automatica” (scritta dall’intelligenza artificiale, ndr), i pensieri che scriveremo saranno davvero “nostri” anche con quell’intervento esterno?
Questo libro vuole ricordare, a tutti, che scrivere continuerà a essere “un’attività indispensabile alla nostra sopravvivenza come civiltà e forse addirittura come specie, un’attività magari non così centrale come è stata negli ultimi tre millenni ma ancora e sempre necessaria per raccontarci e definirci compiutamente, per stabilire e curare relazioni, per capire dall’interno cosa sentiamo e come ragioniamo.”
Il riassunto, il testo argomentativo e le email di lavoro
L’autori inizia il libro parlando di tre testi che prima o poi tutti ci troviamo ad affrontare nella vita, dalla scuola elementare in poi. Vediamoli.
Il riassunto è un testo troppo spesso sottovalutato; è l’arte di cogliere l’essenza, la capacità di ridurre in scheletro la struttura narrativa o argomentativa di un testo senza tradirne il senso. C’è chi grazie al suo talento per riassumere ha costruito imperi editoriali, come il Cavalier Bignami. Riassumere significa “posizionarsi a una certa distanza da un testo e riportare tutto ciò che rimane visibile, più la distanza aumenta, più i dettagli sfumano fino a distinguersi solo i contorni e le forme”.
Saper padroneggiare un testo argomentativo implica invece avere un potere da usare con la massima responsabilità. In questo caso il linguaggio ambisce a diventare strumento di persuasione, a curvare opinioni, a orientare volontà. Per questo si parla di potere: usarlo senza imbrogliare, attenendosi alla verità e alla logica dovrebbe essere alla base di tutto (ma non è sempre cosi).
Le email di lavoro sono, appunto, parte del nostro lavoro quotidiano, forse fin troppo. (Qui ti consiglio la lettura di un libro molto bello a riguardo: Un mondo senza email di Carl Newport). Ma come si scrive un’email di questo tipo? Il decalogo a pagina 24 io lo appenderei in tutti gli uffici. Forse mi risparmierei di leggere certe email da far venire i brividi.
La grammatica serve conoscerla
“Si può vivere bene senza sapere la grammatica? Altroché. Si può parlare bene senza sapere la grammatica? In linea di massima sì. Si può scrivere bene senza sapere la grammatica? Tendenzialmente no. Certo, la grammatica non aiuta a far scrivere bene chi non ha talento, ma di sicuro serve a non scrivere male, a capire e spiegare gli errori che commettiamo.“
Una mia battuta diventata ormai classica, detta e ridetta negli ultimi 5 anni è: “a questo manca la terza elementare”. La uso spesso per indicare qualcuno che non sa scrivere in Italiano. Ma non l’italiano di Dante o di Eco: l’italiano, quello di tutti i giorni, quello che tutti dovrebbero capire (email di lavoro comprese, o post di instagram). Frasi dove soggetto e verbo sono lontani un km o separati dalla virgola, punteggiatura messa a caso, modi di dire del parlato trascritti senza capo ne coda. “Ho letto cose che voi umani…” mi verrebbe da dire; e purtroppo le leggo ancora, tutti i giorni.
Per cui i capitolo 2 e 3 dedicati a grammatica e punteggiatura non saltarli, anche se la terza elementare l’hai fatta: un ripasso non fa mai male.
La scrittura inclusiva
Sto scrivendo questa recensione a Luglio 2024 e in quest’ultima settimana ho (abbiamo) assistito ad una proposta di legge per “vietare le declinazioni femminili delle cariche”. Proposta subito ritirata in pochi giorni dal partito stesso che l’ha annunciata.
Se ti sta chiedendo se, quindi, nel 2024, dopo almeno 3 anni in cui tutti abbiamo parlato (e parlato, e parlato…) di scrittura inclusiva, serva ancora farlo forse la risposta è sì.
Non esiste una soluzione UNICA alla questione. O meglio, esiste per cerca cose ma non per altre. Stiamo toccando il tema del “politicamente corretto” che alcuni, come spesso succede, estremizzano mentre altri ignorano per principio. Non c’è un giusto e un sbagliato: è molto più spesso una presa di posizione, un modo di sentire personale che spesso però genera dibattiti (8 volte su 10 inutili). Non mi dilungo quindi e lascio a te la lettura, e la libertà di scrivere come vuoi.
Scrivere con l’intelligenza artificiale
Non negalo: hai usato anche tu ChatGpt per scrivere un testo nell’ultimo anno. Io lo uso quasi tutti i giorni, e lo dico senza problemi. E lo ha fatto anche l’autore.
L’intelligenza artificiale è entrata nelle nostre vite cosi: con la scrittura. È li, con ChatGpt, che abbiamo davvero capito cosa era e a cosa poteva servirci,
De Benedetti nel libro fa una lista di pro e contro dell’uso dell’AI per la scrittura. Questa offre vantaggi in termini di efficienza, costo e coerenza ma ha anche dei limiti. La qualità e la creatività della scrittura umana sembrerebbero ancora essere insostituibili.
“La chiave per sfruttare appieno i vantaggi dell’IA nella scrittura” scrive l’autore (o forse non lo scrive lui?) “è trovare un equilibrio tra l’automazione e la creatività umana. In molte situazioni, la collaborazione tra l’IA e gli scrittori umani può produrre i migliori risultati, sfruttando la velocità e l’efficienza dell’IA insieme alla creatività e alla sensibilità umana.”
Da qui si apre la parte che ho trovato più controversa del libro, che si chiude con una dichiarazione netta dell’autore:
“Affidarsi alla scrittura automatica significa, in un certo senso, rinunciare a una parte del nostro io. Scrivo, ergo sum, si intitola il libro che hai tra le mani. Se vogliamo continuare a essere, ecco, forse sarà bene che continuiamo a scrivere da soli.”
Non sono d’accordo con questa dichiarazione. E mi dispiace che non venga argomentata oltre. Il capitolo 5 termina cosi, chiudendo il cerchio aperto nell’introduzione, ma senza andare oltre.
L’ultimo capitolo è infatti dedicato ai venti consigli sulla scrittura. Questo capitolo è un piccolo Bignami che tutti dovremmo leggere e rileggere ogni giorno quando ci apprestiamo a scrivere, con o senza l’AI (aggiungo io).
Questo testo parla di scrittura e lo fa molto bene. Ci ricorda le regole di base, la grammatica, e quanto ci dovremmo mettere di nostro in ogni testo.
Il paragone con l’AI è a margine. Forse è il sottotitolo che un po’ inganna facendoci immaginare chissà quali confronti tra i due stili di scrittura. Non manca certo una parte in cui si analizza il modo in cui l’AI scrive ma è solo il mezzo per arrivare alla conclusione scritta sopra.
Mi sento di consigliarlo a chi si avvicina alla scrittura professionale partendo solo da quanto imparato a scuola. O a chi ha saltato la terza elementare e necessità di un ripasso da tenere sulla scrivania. Ma in realtà questi ormai scrivono tutti con ChatGpt e pensano di non averne nemmeno bisogno.
Chiudo con una citazione, come “insegnato” nel capitolo 1: “Leggere libri è il gioco più bello che l’umanità abbia inventato” Wislawa Szymborska.
Con questa mi sento molto d’accordo.