RECENSIONE DEL LIBRO

Il femminismo non è un brand

Usare in caso di pinkwashing

Editore:

Einaudi

autore

Jennifer Guerra

pubblicazione:

pagine:

Marzo 2024

192

Autore

Jennifer Guerra

Editore

Einaudi

Pubblicazione

Marzo 2024

Pagine

192

Prezzo

12 €

Autore

Jennifer Guerra

Pagine

192

Editore

Einaudi

Prezzo

12 €

Autore

Jennifer Guerra

Pubblicazione

Marzo 2024

costo:

Editore

Einaudi

Pagine

192

12 €

Cosa vuol dire essere femminista oggi? Me lo chiedo ogni giorno, ecco perché quando Jennifer Guerra ha pubblicato Il femminismo non è un brand non ho potuto fare a meno di leggerlo.

Lavorando nel marketing mi trovo a osservare quotidianamente messaggi di brand e influencer che si proclamano attiviste. Ma tutto questo genera un reale cambiamento sociale o è solo frutto del capitalismo?

Questo libro ti darà la risposta.

Che cos’è il pink washing?

Partiamo da una definizione: il “pink washing” è una pratica commerciale in cui un brand sfrutta i valori del femminismo per migliorare la propria immagine pubblica. Questo fenomeno si verifica quando un’azienda, che in passato non era impegnata su temi come la parità salariale o l’empowerment femminile, inizia a veicolare tali messaggi nelle proprie pubblicità.

Il cambiamento repentino solleva dubbi sull’autenticità dell’impegno dei brand verso il femminismo, facendo pensare che stiano semplicemente “spennellando di rosa” la propria immagine per attrarre consumatori.

Forse ti verrà in mente il concetto di green washing, che similmente tenta di capitalizzare la crescente domanda di comportamenti a basso impatto ambientale, promuovendo azioni non autentiche al solo scopo di mostrarsi più sostenibili.

Il termine pink washing è stato utilizzato per la prima volta nel 2002 dalla Breast Cancer Action, un’organizzazione statunitense che supporta le persone affette da cancro al seno. Aveva notato infatti che molte aziende iniziavano a usare fiocchetti rosa sui propri prodotti durante le campagne di prevenzione del tumore al seno, ma allo stesso tempo vendevano prodotti contenenti sostanze chimiche legate alla malattia. Il pink washing descriveva proprio il comportamento ipocrita di queste aziende.

Il femminismo come prodotto commerciabile

Jennifer Guerra analizza come il femminismo sia diventato un fenomeno di massa, trasformandosi in un prodotto commerciabile. Questo processo ha avuto effetti sia positivi che negativi: da un lato ha reso il femminismo accessibile a un pubblico più vasto, contribuendo alla diffusione delle idee. Dall’altro ha portato a una banalizzazione del movimento.

Si parla infatti di “femminismo universale”, che cerca di essere accettabile per tutti e non conflittuale ma che rischia di perdere la sua forza critica e trasformativa.

Il femminismo performativo è un fenomeno simile al pink washing, ma si applica alle persone (non ai brand) che veicolano messaggi femministi con l’obiettivo di monetizzare o aumentare la propria popolarità, piuttosto che per un autentico impegno verso i valori. Questo tipo di attivismo performativo si manifesta quando qualcuno utilizza le parole d’ordine del femminismo per migliorare la propria immagine pubblica o vendere meglio i propri prodotti.

Il femminismo performativo, e in generale l’attivismo performativo, può estendersi a vari ambiti, come l’ambiente o i diritti umani. Anche se è positivo vedere più persone impegnarsi su questi temi, è importante riconoscere quando questo impegno è genuino e quando è solo una strategia pubblicitaria.

Se da un lato i cosiddetti “personaggi pubblici” possono aiutare a normalizzare e avvicinare nuove persone al movimento, spesso questo viene ridotto a mero strumento per il successo personale distorcendo la percezione del movimento come una lotta collettiva e continua.

L’appropriazione del femminismo da parte dei brand

Abbiamo parlato del concetto di empowerment, che è stato spesso cooptato per spostare l’attenzione dai problemi sistemici all’auto-miglioramento individuale: pensiamo a come le questioni di autostima vengano trattate come problemi individuali, piuttosto che come risultato di strutture di potere ingiuste.

Questo spostamento dell’attenzione può servire agli interessi delle aziende, che preferiscono organizzare corsi di autostima piuttosto che implementare politiche di genere efficaci.

Una parte significativa del libro è dedicata all’analisi di come le aziende utilizzino il linguaggio e i simboli femministi per fini di marketing, esprimendo scetticismo riguardo alla sincerità di queste operazioni di pink washing.

I brand spesso adottano il femminismo come contenuto di marketing, ma raramente praticano ciò che predicano. Ecco perché è necessario distinguere tra la pratica del femminismo e il suo utilizzo come strumento di marketing.

Conclusioni del libro

Il femminismo autentico è un movimento politico che mira a cambiare lo stato delle cose, promuovendo una trasformazione e miglioramento della società. È importante conoscere questo fenomeno e osservare come troppo spesso venga strumentalizzato da aziende e influencer.

Ecco perché consiglio la lettura di questo libro a chiunque voglia avere uno sguardo critico sul modo in cui vengono veicolati determinati messaggi, soprattutto sei una donna e queste leve di comunicazione possono avere un particolare impatto sulle tue scelte di consumo.

Libri di marketing recensione

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Sara Veltri
Head of Marketing per Fattoretto Agency, Agenzia specializzata sulla SEO e AI per eCommerce.

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