È all’ordine del giorno leggere, nelle testate più celebri a livello nazionale e internazionale, di come un nuovo modo di concepire la vita lavorativa si stia espandendo tra i dipendenti di ogni età: molti parlano, in questo senso, di una Grande Fuga Aziendale, la Big Quit. Diversi hanno tentato di riassumere le cause delle dimissioni di massa post pandemiche: tra queste spiccano la ricerca di una vita più equilibrata, l’abbandono dei ritmi frenetici e delle competizioni stressanti tra colleghi e l’allontanamento da luoghi di lavoro stantii e poco propensi all’auto miglioramento.
Il saggio di Mary C. Murphy, insegnante di Psicologia e Neuroscienze presso l’Università dell’Indiana e CEO di Equity Accelerator, invita il lettore a riflettere su come un cambiamento di mindset, sia esso a livello personale o a livello aziendale, possa aiutarci a migliorare il nostro luogo di lavoro rendendolo più vivibile e armonico.
Riconoscere la mentalità dominante
Il concetto cardine degli studi e dell’attività della Murphy è quello di mentalità, ovvero le nostre convinzioni sull’elasticità dell’intelligenza. La ricercatrice individua due tipi di mentalità, visualizzabili come i due estremi di un continuum:
- Mentalità fissa: crede che le proprie abilità siano immutabili e che l’intelligenza sia un attributo che si ha o non si ha.
- Mentalità di crescita: crede che l’intelligenza sia una caratteristica che si può sviluppare, ampliare, acquisire.
In base alle situazioni che incontriamo nella nostra realtà lavorativa, ma anche in quella privata, tendiamo ad attivare uno dei due tipi di mentalità, o un mix di questi, i suoi vantaggi e i suoi svantaggi.
Ciò che l’autrice descrive all’interno del libro è che la cultura dell’organizzazione in cui siamo immersi influisce sulla cultura mentale del singolo lavoratore. Cosa significa? Significa che se i nostri colleghi e i nostri manager tendono a stimolare e premiare con frequenza le mentalità fisse, anche noi attiveremo principalmente questa parte della nostra mentalità, adeguandoci alle richieste dei piani alti.
Lavorare per instaurare una cultura di crescita
È importante però comprendere come l’attivazione della mentalità più “limitata” non sia sempre consapevole. In questo, il libro di Mary Murphy, vuole porsi dunque come un alleato nel riconoscimento e nel cambiamento delle situazioni critiche, nel percorso di miglioramento di noi come lavoratori e colleghi e, conseguentemente, in quello di avanzamento aziendale. Per ogni topic l’autrice elenca diversi esempi che permettono di comprendere l’impatto del mindset sulle organizzazioni, dalle squadre dell’NBA ad Uber, e di riconoscere i punti problematici da migliorare. Ad esempio, il modo in cui affrontiamo le situazioni in cui ci viene dato un feedback critico sul nostro lavoro dice molto di quale tipo di mentalità tendiamo ad attivare: ci focalizziamo su di noi e la prendiamo sul personale? ci provoca disagio ed imbarazzo? oppure la vediamo come un punto di partenza per migliorarci? un modo per collaborare con i colleghi più competenti per costruire qualcosa di più efficiente?

Mary Murphy evidenzia ad ogni pagina come il miglioramento costante e la volontà di crescere insieme come azienda siano cruciali per l’efficienza di un’organizzazione e dei rapporti su cui essa si fonda. Se la mentalità può essere così forte da plasmare il comportamento degli individui allora è necessario impegnarsi nel suo approfondimento e nella sua implementazione all’interno della nostra quotidianità, puntando alla costruzione di quello che può essere visto come un vero vantaggio competitivo rispetto ai competitors.
Il saggio è rivolto principalmente a manager e team leader per quanto riguarda la parte sulla cultura mentale aziendale, e ai dipendenti, per quanto riguarda le proprie microculture e le singole abitudini di mindset. Noi crediamo che la seconda parte sia quella più interessante poiché permette di riflettere sui propri schemi di ragionamento in cui spesso si inciampa, e che, se modificati, possono impattare il nostro ambiente lavorativo e la percezione che ne abbiamo.
Il libro risulta pratico a livello di analisi poiché permette di conoscere delle situazioni, affrontate dall’autrice e dal suo team, in cui la teoria che viene da lei sostenuta ha avuto un effettivo riscontro e l’instaurarsi di una cultura di crescita ha portato ad un miglioramento aziendale misurabile. C’è da dire che però, secondo noi, gli esempi risultano a volte un po’ ridondanti e che nel concreto sarebbe stato più utile inserire dei veri e propri esercizi, in particolare nella parte rivolta ai team leader, per permettere un’analisi più accurata della propria realtà lavorativa, anziché lasciare alla deduzione del lettore questa parte del lavoro.
Pur essendo molto interessante a livello teorico e sicuramente ricco di spunti di riflessione, riteniamo La cultura della crescita sia un saggio meno pratico di quello che si può credere. Nonostante ciò, rimane una lettura scorrevole, interessante da un punto di vista dei temi trattati e della novità di questi, pulita e ben organizzata nei vari argomenti. Un saggio da tenere nello scaffale in salotto per essere consultato all’occorrenza.
