“Non ci vuole un genio” di Alessio Boceda e Giulia D’amato mi ha aperto gli occhi su molteplici aspetti del mondo dell’imprenditoria. Il loro non è un manuale rigido, ma un dialogo schietto e onesto con i lettori, dove condividono la loro esperienza e quella di oltre 2.000 imprese che hanno visto nascere. L’obiettivo principale del libro è sfatare i falsi miti che circondano l’impresa e aiutarti a capire se questa strada sia davvero adatta per te.
Alessio, Giulia e Startup Geeks
Ciò che rende la prospettiva di questo libro così autentica è proprio la storia degli autori stessi. Alessio e Giulia, compagni nella vita e poi nel lavoro, dopo anni di studio e lavoro sono riusciti a trasformare il loro progetto, Startup Geeks, nell’incubatore online più grande d’Italia.
Hanno un team di 32 persone che lavora completamente da remoto, e ogni anno formano, connettono e aiutano centinaia di imprenditori a testare le proprie idee, lanciarle e persino a raccogliere capitali.
Mi è piaciuto molto scoprire che si vedono come una realtà che “abilita la nascita e la crescita di aziende che possano rendere il mondo un posto migliore“. Questa motivazione, quella di supportare chi vuole fare impresa e accompagnarlo nel percorso, è ciò che li ha spinti a creare Startup Geeks, non senza un briciolo di pazzia (di Giulia, che si licenzia su due piedi) ma con lo spirito giusto.
Sfatiamo i miti sull’imprenditoria
Una delle cose che il libro ti chiarirà subito è che non basta voler “scappare” da una situazione insoddisfacente per diventare imprenditori; è fondamentale avere una meta chiara da raggiungere. La motivazione deve essere definita fin dall’inizio e consolidarsi nel tempo.
Il libro si impegna a decostruire diversi preconcetti comuni che voglio condividere per farti capire fin da subito la “praticità” del libro che ti troverai tra le mani:
- Non è necessario essere un genio o avere un’intelligenza fuori dall’ordinario. Il modello di successo standardizzato, misurato solo in termini economici e basato sull’emulazione di figure come Steve Jobs o Jeff Bezos, è fuorviante. Loro hanno fondato le loro imprese in un momento storico e in un paese diversi.
- Non serve un’idea “disruptive” o geniale fin da subito. Spesso, l’idea perfetta non nasce da un’illuminazione divina, ma è il risultato della rivoluzione di un’idea iniziale, perfezionata nel tempo grazie ai feedback del target e all’analisi dei dati. Addirittura si dice che “l’idea è solo l’1% del percorso, il restante 99% è dato da come la si porta avanti.”
- Non si deve rischiare tutto subito o investire enormi capitali. Si può iniziare con piccoli passi, validando l’idea a basso costo e procedendo solo dopo aver ricevuto feedback positivi.
- Non esiste il momento giusto per avviare un’impresa. L’incertezza economica o il contesto politico precario non sono ostacoli insormontabili, anzi, possono rappresentare opportunità, con meno concorrenza e una maggiore spinta all’innovazione e alla creatività. Siamo noi stessi gli artefici del nostro destino.
- Il fallimento non è un’onta negativa, ma un’opportunità di crescita. In Italia, purtroppo, parlare di fallimento è un tabù. Invece, come sottolinea il libro, non essere disposti a sbagliare significa non essere disposti a crescere. Ogni grande imprenditore ha affrontato numerosi fallimenti che lo hanno formato. Bisogna imparare a “fallire bene”, accettandolo e trasformandolo in un’opportunità, sviluppando una mentalità di crescita.
- La passione da sola non basta e non è sempre strettamente necessaria. Sebbene la passione sia una forte spinta emotiva, lasciarla come unico motore può portare a rimanere intrappolati in un modello di business sbagliato. Ci sono altre fonti di ispirazione, come la “mission” o l’osservazione e analisi delle opportunità (te lo spiego meglio sotto).
- Non è necessario dedicarsi full-time al progetto fin dall’inizio o sacrificare la propria vita personale. Il digitale rende molto più semplice avviare un progetto e aumentare gradualmente il tempo dedicato. La libertà di gestire il proprio tempo è uno dei vantaggi dell’essere imprenditore.
- Non è indispensabile aprire subito una società o cercare investitori prima di aver validato l’idea. Preoccuparsi troppo presto di aspetti burocratici come l’atto notarile o il capitale sociale è un errore. La priorità è comprendere le reali necessità dell’azienda e validare il prodotto. Si può iniziare con una Partita IVA in regime forfettario.
I rischi dell’impresa (e come affrontarli)
Un aspetto che ho trovato particolarmente utile è l’approfondimento sui rischi dell’impresa, che spesso vengono solo citati di sfuggita. Il libro li affronta di petto, trasformando le paure in eventualità gestibili.
Anche in questo caso li riporto, così come elencati con la loro “altra faccia della medaglia” perchè tu capisca quando il libro non voglia metterti ansia davanti a questi aspetti, ma piuttosto mostrarti come, una volta accettati, tu abbia già la coscienza del passo successivo.
Ecco quindi i rischi di un’impresa:
- Investire i propri risparmi nel modo sbagliato:
- Non è un “all-in” come nel poker. È un percorso a tappe, che prevede la validazione dell’idea passo dopo passo. Si può iniziare con poco o cercare investitori fin da subito.
- Perdere ciò per cui si è faticato e dover ripartire da zero:
- Questa eventualità esiste solo se si agisce senza consapevolezza. È fondamentale non fare investimenti azzardati senza prima aver riflettuto sulle vere necessità per il prossimo passo.
- Bloccare la propria carriera, o quanto meno rallentarla:
- Avviare un’impresa, in realtà, permette di crescere molto più velocemente di qualsiasi posto fisso, sviluppando competenze che saranno spendibili facilmente nel mondo del lavoro, a prescindere dall’esito finale del progetto.
- Faticare di più per guadagnare meno:
- Questo è vero solo nel breve termine. Inizialmente richiede un grande investimento di tempo ed energie, ma a lungo termine, se gestito bene, un imprenditore guadagna molto più dei propri dipendenti. L’errore da evitare è diventare “il migliore operaio” della propria azienda; l’imprenditore deve lavorare sul business, non nel business.
- Togliere tempo alla propria famiglia e ai propri amici, sacrificando relazioni e vita sociale:
- Da imprenditore si ha la libertà di decidere autonomamente come impiegare il proprio tempo. Basta organizzarsi nel modo giusto.
- Non essere capiti da chi ci sta intorno:
- Se si fanno sempre le solite cose, si otterranno sempre gli stessi risultati. Se si crede nel proprio progetto, bisogna cercare di coinvolgere anche i più scettici o andare avanti a testa bassa fino a dimostrare di avere ragione.
- Togliere tempo alle proprie passioni:
- Come per il tempo con i propri cari, la libertà decisionale dell’imprenditore permette di integrare le passioni, non di sacrificarle.
- Fallire:
- Il fallimento è una possibilità, ma non una conseguenza certa. La paura del fallimento può diventare una profezia che si autoavvera. L’antidoto è il coraggio di superare la paura e agire nonostante essa. Il “fear setting” di Tim Ferriss è un metodo controintuitivo ma efficace per affrontare le paure, analizzandole e familiarizzando con esse.
Trovare l’idea giusta e sviluppare il Business
Il libro suggerisce di concentrarsi sui tre mercati più profittevoli del momento, dove le persone sono disposte a spendere:
- Salute: benessere psicofisico in generale, dallo sport alla medicina.
- Ricchezza: guadagnare o risparmiare tempo o soldi; include fintech, servizi bancari, delivery, crowdfunding.
- Relazioni: costruire relazioni, conquistare approvazione, raggiungere uno status; include moda, community, viaggi, app di incontri, social media
Questo perchè partire da un mercato in crescita è un buon inizio. Non vuol dire però che tu debba abbandonare la tua idea solo perchè il mercato è saturo. Piuttosto valida l’idea e capisci se davvero il tuo prodotto/servizio risponde ad un bisogno/problema che nessuno ha ancora risolto.
Ma non sempre abbiamo un’idea di partenza; o per lo meno pensiamo di non averla. A volte capita che ci si senta solo predisposti a fare qualcosa di grande. Dove trovare quindi l’idea? Nel libro vengono identificate (e approfondite) quattro fonti di ispirazione per le idee di business:
- Mission: volontà di risolvere un problema.
- Passioni e competenze personali: trasformare ciò che si ama in attività principale.
- Osservazione e analisi (opportunità): analisi di trend e tendenze per offrire qualcosa di appetibile.
- Copycat: basarsi su un’idea già testata, adattandola al proprio mercato.
Metodo Customer Development di Steve Blank
Ho scoperto il Metodo Customer Development di Steve Blank. Invece di partire dalla soluzione e rischiare un flop, questo metodo parte dal problema, mettendo al centro il cliente e le sue esigenze.
Il processo si articola in quattro fasi:
- Discovery (scoperta): Definizione del cliente ideale e della dichiarazione d’intenti.
- Validation (validazione): Testare l’interesse per l’idea di business direttamente sul mercato, dialogando con i clienti ideali.
- Customer Creation (creazione della domanda): Acquisizione di un pubblico su larga scala tramite strategie di marketing.
- Company Building (costruzione dell’azienda): Costituzione di un’azienda vera e propria con un modello di business consolidato.
Questo approccio riduce drasticamente il rischio di fallimento dovuto all’assenza di mercato. Mi chiedo come ho fatto fino ad oggi senza conoscerlo, andrò subito a rimediare leggendo Startupper. Guida alla creazione di imprese innovative.
Il Mindset dell’imprenditore: coraggio, apprendimento e libertà
Il libro mi ha convinto che imprenditori si diventa, non si nasce. Non è una questione di talento innato, ma di mindset e formazione adeguata. È fondamentale sviluppare una mentalità imprenditoriale che permetta di trarre il massimo dalle circostanze, reagire agli imprevisti e imparare dagli errori.
L’esperienza è la migliore insegnante, e la formazione continua è cruciale, soprattutto oggi con l’accesso illimitato a contenuti digitali. Pensare di essere “arrivati” e fermarsi è un grande errore. Lo studio continuo è fondamentale.
Le esperienze degli altri devono servire da ispirazione e dimostrare che è possibile farcela, ma non devono essere imitate ciecamente. Bisogna costruire il proprio percorso su misura. È un invito a liberarsi di paure, pregiudizi e falsi miti, e a nutrirsi di storie di persone normali che hanno costruito la propria libertà professionale grazie all’impegno, allo studio autonomo e alla resilienza.
L’imprenditoria è uno stile di vita, non solo un’attività professionale. Non bisogna lasciarsi frenare dalla paura di fallire. Bisogna solo sapere come fare a venirne a capo.

“Non ci vuole un genio” è rivolto a chiunque stia pensando di intraprendere un percorso imprenditoriale, ma si sente bloccato da paure, dubbi o falsi preconcetti. È per chi vuole capire se l’imprenditoria fa per lui, e per chi cerca una guida pratica e realistica che vada oltre le storie di successo irraggiungibili dei “geni” della Silicon Valley.
Fare impresa in Italia è possibile, anche se non è facile e non si deve fare tutto da soli (c’è un capito dedicato ai Co-Founder, alla loro importanza e a come sceglierlo!). Il libro promette di alimentare i nostri obiettivi, placare i timori e rafforzare la certezza che il cambiamento è possibile, dando il coraggio di essere più forti di chi rema contro le proprie ambizioni.
Un’ottima lettura per chiunque voglia definire la natura del proprio progetto e iniziare a lavorarci con consapevolezza e determinazione.
A completare la storia di Alessio e Giulia ci sono tante storie, vere. Non solo quelle della Silicon Valley che ormai conosciamo a memoria, o di aziende come Starbucks e Canva che ci dimostrano che partire dal piccolo, da un’ispirazione o da un problema vissuto, è spesso un ottimo punto di inizio. Ci sono anche le storie di realtà italiane che stanno costruendo il proprio mercato, spesso anche cambiandolo in base agli andamenti di questo mondo che non si ferma mai.
Last but not list, questo libro si aggiudica le mie 5 stelle perchè alla fine di ogni capitolo gli autori hanno messo la loro personale lista di libri da leggere. Non stiamo parlando della solita biografia lunga che nessuno legge alla fine del libro. Sto parlando di CONSIGLI che arrivano direttamente da chi quei libri li ha letti, usati, divorati e citati. Non poco. Io ho già creato la mia lista di nuovi libri da mettere nel carrello, e tu cosa aspetti?

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