A chi non è mai accaduto di litigare in modo acceso sotto ad un post facebook con dei perfetti sconosciuti? O di assistere ad un litigio tra altri utenti o di essere attaccati in modo ingiustificato solo per aver espresso la propria personale opinione? A chi non è mai successo di mordersi la lingua, anzi le dita, per evitare di rispondere in malo modo all’analfabeta funzionale di turno sempre presente in uno dei gruppi whatsapp di cui facciamo parte?
È davvero difficile resistere, lo so. A volte si finisce con litigare anche solo tentando di difendersi. Tuttavia una soluzione esisterebbe, è praticabile e si “rischia” pure di imparare qualcosa.
Questo testo nasce proprio con l’obiettivo di rispondere ad un disagio: il litigio continuo che si verifica sui media, sui social network e in pubblico.
La risposta che fornisce l’autore compie dapprima un’analisi dei contesti, prosegue individuando gli inneschi e fornisce delle soluzioni concrete per preservare il sano confronto.
Ma perché si litiga?
Perché siamo sottoposti ad un continuo e costante confronto con la diversità. Situazione ancor più amplificata dal contesto “always connected”, in cui siamo calati quotidianamente.
Quando mondi molto diversi tra di loro si incontrano, si realizza un momento di grande libertà. Un sovraccarico di libertà (che i vari attori fanno fatica a gestire) che però rappresenta solo la punta dell’iceberg. Sotto sotto, infatti, c’è un altro tipo di sovraccarico da cui tutto ha origine: quello informativo.
La rivoluzione digitale che ci ha investito negli ultimi 20 anni ha consentito un accesso di massa al sovraccarico informativo. Informazioni che prima di tutto ciò erano in mano ai soli giornalisti, che si occupavano di filtrare e selezionare le notizie degne di essere divulgate.
Riprendendo il tema della libertà è necessario, ed urgente, imparare a conviverci: essa comporta una nuova e grande responsabilità, quella di imparare a comunicare correttamente e anche a disputare con il diverso.
Disputa, disputare. Cosa vuol dire esattamente?
Il significato di disputa, fonte Treccani: “dìsputa (ant. dispùta) s. f. [der. di disputare]. – 1. a. Discussione fra più persone che sostengono ciascuna il proprio parere su una determinata questione: sorse, si accese, si fece una d.; tenere una d.; d. cordiale, amichevole, pacifica, aspra, ecc.; una d. filosofica, teologica; d. sopra o su varî argomenti; soggetto di una d.; è materia di d. fra i dotti; nasce da questo una d.: s’egli è meglio essere amato che temuto (Machiavelli). Anche, esercitazione pedagogica ch’era in uso nelle scuole ecclesiastiche, forma di disputazione. b. Contesa, diverbio: ci fu tra loro una d. accanita per motivi d’interesse. 2. non com. In relazione all’uso trans. di disputare, partecipazione a una gara, a una competizione: la d. di un incontro di pallacanestro.”
Provate l’esperimento: qualsiasi sia la fonte da cui andrete ad attingere il significato esatto, gli elementi comuni che emergono saranno sempre i soliti: competizione, lotta, confronto.
Ed è questo il motivo per cui l’autore Bruno Mastroianni ha scelto di accostare l’aggettivo “Felice” alla parola “Disputa” presente nel titolo: per smorzarne i toni aspri e per dare un’accezione positiva, ovvero una contesa volta a dare soddisfazione e a migliorare la vita.
Cosa offre questo testo?
Questo libricino da poco più di un centinaio di pagine dà un grande supporto. Imparare a gestire una disputa non è una materia che si studia a scuola e trovare una raccolta di piccole -ma grandi- tips è oro colato!
Oggi, nell’era della disputa generalizzata, tutti intervengono, commentano ed insegnano senza alcun filtro (e nemmeno ritegno, aggiungerei).
In questa nuova dimensione non occorre più conoscere un argomento per insegnarlo a qualcuno. Occorre saperlo spiegare a chi non la pensa come noi, sviluppando la capacità di argomentare il proprio perché.
Il principio guida della disputa, che approfondirete leggendo, consiste nell’imparare a mantenere l’attenzione, le energie e la concentrazione sui temi oggetto del confronto, senza danneggiare la relazione con l’interlocutore.
Come si struttura il libro
Il libro, la cui prefazione è curata da Vera Gheno, si articola in 6 capitoli:
- Incontro dell’altro mondo
- C’è modo e modo
- Farsi capire
- Disinnescare il conflitto (il mio preferito…)
- Uscire dalla propria zona di sicurezza
- Dissentire senza litigare (altro capitolo top).
Il caso la badessa e la Zanzara (case history davvero interessante).
L’autore ci accompagna in un percorso, alla fine del quale sapremo sicuramente individuare nel nostro approccio alla disputa quali sono le parole o frasi “killer” da rivedere o sostituire completamente per non innescare conflitti. Sono presenti numerosi esempi che aiutano a rendere tangibili i suggerimenti proposti.
Cosa non è la disputa felice
Sfatiamo subito un mito. Saper disputare non significa saper essere diplomatici per evitare conflitti. E questo testo non ti insegnerà alcun trucco per diventare un abile diplomatico.
Conclusioni: un testo interessante, anzi illuminante! Uscito da qualche anno, ma assolutamente attuale.
A chi è rivolto: tutti coloro che vogliono imparare a trarre insegnamento dal confronto con gli interlocutori che hanno un differente punto di vista.
Quanto è pratico: assolutamente pratico e alla portata di tutti.
È da avere in libreria: sì, perché ha un grande potenziale: quello di renderci degli esseri umani migliori.