134 pagine da leggere tutte d’un fiato. Ma d’altronde non mi aspettavo nulla di diverso dal saggio della collana diretta da Paolo Iabichino.
Un interessante viaggio nel nuovo marketing, tra fisico e digitale con un numero impressionante di case history che vi farà viaggiare in tutto il mondo.
Lo storytelling tra fisico e digitale
Scoprirete cosa è davvero lo storytelling, che non è semplicemente raccontare una storia: è accompagnare il nostro cliente in un mondo, dargli stimoli, tanti stimoli direi, inserirlo nella storia, lasciare che la conduca lui.
Nel libro ci si concentra molto sui valori su cui i brand dovrebbero puntate per raccontarsi e creare la loro storia. Trattare temi sociali, politici, delicati e controversi per alcuni brand coincide con raccontare se stessi. Certo, bisogna saperlo fare, bene, e in modo autentico. Che ad inciampare è un attimo.
Si parla di multisensorialità (arma segreta dei prossimi anni), di personalizzazione e customizzazione, che permettono ad un cliente di entrare in un processo e sentirsi davvero parte di questo, e di conseguenza parte del brand e del suo successo.
Si parla anche di fedeltà (in parte morta!), del potere delle community (e che potere!), del gioco (che piace a tutti) e infine dei negozi.
I punti vendita sono morti?
Bellissima la riflessione fatta proprio sui punti vendita che non sono morti, ma sicuro devono essere ripensati e inseriti in una strategia. Pensare e puntare tutto sugli ecommerce è sbagliato, leggete e capirete il perchè!
L’ultima parte è dedicata alle risorse umane e parte con una domanda: quale sarà il futuro? Verranno sostituite da AI e robot? Sta già succedendo? Non succederà mai?
La risposta la trovate nel libro! Io sono per il no spoiler e non voglio togliervi il piacere di leggere questo saggio ma si parla di attività alhoritmiche vs euristiche, di soft skill, di formazione, motivazione, incentivi.
Vi lascio con uno studio condotto da Dell (nel 2017) che riporta come l’85% delle professioni che si svolgeranno nel 2030 non è ancora stato inventato.
Se consideriamo che quando mi sono laureata io, nel 2006, non esisteva la figura del Social Media Manager posso solo dire che mancano 9 anni e io non vedo l’ora di scoprire queste nuove professioni!
In conclusione:
A chi è consigliato? A tutti, assolutamente da leggere se vi occupate di digital.
Quanto è pratico? È ricchissimo di case history che possono ispirarvi
È da avere in libreria? Assolutamente si! Io l’ho amato! E tra 10 (o prima!) voglio il seguito! Anzi, meglio dire “l’aggiornamento”!