Ci sono libri che spiegano l’intelligenza artificiale; altri che la criticano; pochissimi che ti costringono a guardarla da una prospettiva nuova, più profonda e radicale. Ignoranza Artificiale di Paolo Caressa appartiene a quest’ultima categoria: è un libro che non insegna “come funziona l’AI”, ma perché non potrà mai sapere tutto, proprio come noi.
E soprattutto perché la nostra ignoranza, quando è dotta, può diventare un formidabile strumento di conoscenza.
Chi è Paolo Caressa
Matematico di formazione, divulgatore per vocazione.
Dopo un dottorato in matematica pura e una carriera nella ricerca, Caressa è approdato nel mondo dell’IT, lavorando nella finanza quantitativa e ricoprendo ruoli manageriali nel settore tecnologico.
Oggi è al Gestore dei Servizi Energetici (GSE), dove si occupa di processi IT, continuando a dedicarsi alla divulgazione scientifica, alla storia della scienza e alla scrittura.
Un profilo perfetto per trattare un tema complesso come quello dei limiti della conoscenza, umana e artificiale.
La dotta ignoranza: una lezione che vale per gli umani e per le macchine
Il concetto chiave attorno a cui ruota l’intero libro è quello di “dotta ignoranza”, definita così dall’autore:
«Coltivare la consapevolezza dell’incompletezza e parzialità della propria conoscenza, gettando un occhio sull’abisso della propria ignoranza ogni volta che si acquisisce qualche forma di conoscenza».
Non un invito alla rassegnazione, ma l’esatto contrario: sapere di non sapere come base della vera comprensione scientifica.
Caressa mostra come questo principio valga per noi esseri umani, spesso convinti che la scienza sia un cammino lineare verso la verità, e per le macchine che costruiamo. Perché sì: anche l’intelligenza artificiale è limitata dalla propria ignoranza.
Dalla matematica alle macchine: un viaggio che ti apre gli occhi
Una delle intuizioni più forti del libro è che anche quella scienza percepita come “perfetta”, la matematica, poggia in realtà su fondamenta incomplete e incerte. Caressa ripercorre la storia della disciplina mostrando come ogni grande scoperta abbia portato con sé nuove zone d’ombra, nuovi paradossi, nuovi limiti formali.
E in questo percorso ci ricorda un dato fondamentale: le macchine “pensano” solo perché noi abbiamo accettato quei limiti e li abbiamo trasformati in algoritmi.
Il libro diventa così un invito a guardare l’AI non come un’entità onnisciente, ma come un sistema costruito dentro i confini della nostra stessa ignoranza.
Un tassello che mancava: Turing e l’idea che ha cambiato tutto
Caressa riprende anche un passaggio storico essenziale: la nascita dell’idea stessa di “intelligenza artificiale”.
Fu Alan Turing, nel 1948, a dare il via a tutto, con il celebre rapporto Intelligent Machinery e una frase che ancora oggi sembra scritta nel futuro:
«Propongo di investigare la questione se sia possibile per una macchina mostrare un comportamento intelligente».
Un’idea visionaria, che Caressa utilizza come filo rosso per mostrarci quanto eravamo, e siamo tuttora, lontani da una risposta definitiva.
E quanto l’AI, per funzionare, debba fare i conti con concetti sfuggenti come casualità, informazione, complessità e limite.

Ignoranza Artificiale è uno dei testi più lucidi e stimolanti degli ultimi anni sul rapporto tra esseri umani, scienza e macchine.
Non è un libro tecnico, e non è un libro divulgativo “facile”:
è un libro onesto, che chiede al lettore di fermarsi, ragionare e rimettere in discussione molte certezze.
Se pensi che l’AI sia onnisciente, leggilo.
Se temi che l’AI possa superare la conoscenza umana, leggilo.
Se lavori nel digitale, nel marketing, nella comunicazione, nella data analysis, leggilo due volte.
Perché solo riconoscendo i limiti — nostri e delle macchine — possiamo usarle davvero bene.








