Da Borzacchiello a Marangon: dalla trasparenza digitale alla responsabilità individuale nel 2025
Viviamo immersi in un flusso costante di stimoli, notifiche e contenuti che competono per la nostra attenzione. Scrolliamo, reagiamo, commentiamo. Ma quanto di ciò che pensiamo di scegliere ogni giorno è davvero frutto della nostra volontà?
Due libri recenti – Usa il cervello prima che lui usi te di Paolo Borzacchiello e Sommersi. Resistere nell’era delle notifiche e dell’infodemia social di Mattia Marangon – mettono a fuoco la stessa questione da due prospettive complementari: da un lato, il funzionamento del cervello e le sue trappole cognitive; dall’altro, il potere invisibile degli algoritmi che orientano pensieri e comportamenti online.
Un doppio specchio che ci invita a riconquistare la consapevolezza perduta, in un’epoca in cui — come ha scritto Wired Italia* “le logiche perverse dell’algoritmo non hanno fatto altro che chiuderci all’interno di bolle sempre più ristrette” .

Il cervello in “pilota automatico”
Nel suo libro “Usa il cervello prima che lui usi te ” Borzacchiello mette in guardia contro un’illusione diffusa: credere che il cervello lavori spontaneamente nel nostro interesse. “Non fidiamoci mai del fatto che il cervello faccia quello che è meglio per noi,” scrive. “Fa quello che crede essere meglio per noi, sulla base delle sue esperienze passate.”
È un meccanismo di efficienza: il cervello tende a ridurre lo sforzo decisionale affidandosi a scorciatoie mentali (i cosiddetti bias cognitivi). Ma nel mondo digitale, questo automatismo diventa un’arma a doppio taglio.
Gli algoritmi dei social media, spiega ancora Wired*, “intercettano e amplificano questi stessi schemi mentali, rinforzando credenze e preferenze già esistenti” . In pratica, le nostre abitudini cognitive diventano il terreno fertile su cui gli algoritmi costruiscono la nostra bolla digitale.

L’algoritmo invisibile e la manipolazione dell’attenzione
Nel suo saggio “Sommersi. Resistere nell’era delle notifiche e dell’infodemia social” Mattia Marangon descrive un meccanismo subdolo ma semplice: l’ecosistema digitale è progettato per catturare il tempo e l’attenzione degli utenti, nutrendosi delle loro emozioni.
Non è un complotto, ma un modello economico. “Ogni notifica, ogni consiglio personalizzato, ogni video suggerito serve a mantenerci connessi,” spiega Marangon . È il principio alla base dell’“economia dell’attenzione”, che trasforma l’utente in un prodotto.
I social network utilizzano algoritmi sofisticati per raccogliere dati, prevedere preferenze e orientare emozioni e decisioni oltre la nostra consapevolezza. Non sono solo le fake news a manipolarci, ma anche le micro-scelte quotidiane: quali contenuti ci vengono mostrati, quali reazioni vengono stimolate, quali conversazioni ci vengono proposte.

Dalla bolla individuale al rischio collettivo
Questi meccanismi non si fermano all’individuo. Come ha scritto Il Sole 24 Ore in un approfondimento di aprile 2024*, “abbiamo consegnato le nostre vite agli algoritmi. Il potere dei dati ora minaccia le democrazie.”
La concentrazione del potere informativo nelle mani di poche piattaforme non solo altera le nostre percezioni personali, ma condiziona il dibattito pubblico, amplificando polarizzazioni e disinformazione.
Il Digital News Report 2024, citato da Agenda Digitale*, mostra come l’ascesa dell’intelligenza artificiale e dei video brevi stia cambiando il modo in cui le persone si informano: meno tempo speso su fonti giornalistiche, più fiducia nelle piattaforme social e nei creatori di contenuti .
È un cortocircuito perfetto: il cervello, predisposto a rispondere alle emozioni più forti, trova negli algoritmi un partner ideale per restare agganciato a ciò che conferma le sue convinzioni.
Strategie di autodifesa: consapevolezza e scelta
Né Borzacchiello né Marangon propongono un rifiuto della tecnologia. Al contrario, entrambi invitano a “usare” il cervello e le piattaforme con intenzionalità.
Nel suo Manuale di autodifesa cognitiva, Borzacchiello suggerisce di allenare la mente a riconoscere gli automatismi, osservando i propri pensieri e le proprie emozioni prima di reagire. È un modo per “riattivare la coscienza” in un contesto che tende a spegnerla.
Marangon, invece, parla di “resistenza consapevole”: riconoscere le dinamiche dell’algoritmo senza demonizzarlo, imparando a sfruttarlo per scopi propri e non viceversa .
Si sta rendendo sempre più necessaria una politica di trasparenza algoritmica e di alfabetizzazione digitale, affinché la società, non solo i giovani di cui si parla spesso, non resti indietro rispetto alle piattaforme che la governano.

Pensare con la propria testa nel 2026
Oggi ci troviamo in una condizione paradossale: abbiamo accesso a più informazioni che in qualsiasi altro momento della storia, eppure mai come ora rischiamo di perderci. La sovrapposizione fra automatismi cognitivi e automatismi algoritmici crea un ambiente in cui è facile scivolare: il cervello delega, l’algoritmo decide, e noi ci ritroviamo a reagire più che ad agire.
È un terreno scivoloso che non riguarda solo il nostro rapporto individuale con lo smartphone, ma la qualità stessa delle nostre scelte, delle relazioni e del modo in cui interpretiamo il mondo. Ogni volta che lasciamo che sia il feed a determinare ciò che vediamo, stiamo di fatto rinunciando a un pezzo della nostra autonomia e, come mostrano i report e gli articoli degli ultimi mesi, questo ha già un impatto tangibile sulla società, sui comportamenti collettivi e persino sui processi democratici.
Ma se da un lato la tecnologia può amplificare fragilità cognitive e distorsioni della realtà, dall’altro non è necessariamente un nemico. L’invito che arriva tanto da Borzacchiello quanto da Marangon è lo stesso: rimettere la consapevolezza al centro. Capire come funziona il nostro cervello. Capire come funzionano le piattaforme. Riconoscere i punti di contatto, e soprattutto i punti di attrito.
Non si tratta di “spegnere i social” o di ipotizzare un ritorno impossibile a un mondo analogico: si tratta di scegliere come e quando usarli. Di sapere perché un contenuto ci compare, perché ci attrae, perché ci irrita o ci rassicura. Di imparare, in altre parole, a restare svegli mentre tutto è progettato per farci entrare in modalità automatica. La vera libertà oggi non consiste nello scegliere cosa guardare, ma nel decidere come farlo.
In un mondo di notifiche e feed personalizzati, l’atto più rivoluzionario resta ancora quello di pensare davvero con la propria testa.

Fonti
- Wired Italia, “Le logiche perverse dell’algoritmo fanno solo danni”, 26 agosto 2024 — https://www.wired.it/article/logiche-perverse-algoritmo-social-network
- Paolo Borzacchiello, Usa il cervello prima che lui usi te, Mondadori, 2025 – Acquista il libro qui: https://amzn.to/43HGZJv – Disponibile anche in Audiolibro su Audible https://amzn.to/4o7QxVt
- Mattia Marangon, Sommersi. Resistere nell’era delle notifiche e dell’infodemia social, Apogeo, 2025 — https://amzn.to/4prcoZb
- Il Sole 24 Ore, Angelo Mincuzzi, “Così abbiamo consegnato le nostre vite agli algoritmi”, 2 aprile 2024 — https://angelomincuzzi.blog.ilsole24ore.com/2024/04/02/cosi-abbiamo-consegnato-le-nostre-vite-agli-algoritmi-il-potere-dei-dati-ora-minaccia-le-democrazie
- Agenda Digitale, “Digital News Report 2024: IA e video brevi cambiano il consumo mediatico globale”, giugno 2024 — https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/digital-news-report-2024-ia-e-video-brevi-cambiano-il-consumo-mediatico-globale





