RECENSIONE DEL LIBRO

Una piccola impresa

Da partita IVA a SRL (senza perdere la testa)

Editore:

Apogeo

autore

Fulvio Romanin

pubblicazione:

pagine:

Giugno

288

Autore

Fulvio Romanin

Editore

Apogeo

Pubblicazione

Giugno

Pagine

288

Prezzo

24.00

Autore

Fulvio Romanin

Pagine

288

Editore

Apogeo

Prezzo

24.00

Autore

Fulvio Romanin

Pubblicazione

Giugno

costo:

Editore

Apogeo

Pagine

288

24.00

Quando Fulvio Romanin al WMF di Bologna mi ha detto, riferito al suo nuovo libro “L’inizio è un po’ scioccante, ma poi diventa anche divertente”.

Non sapevo bene cosa aspettarmi. È bastato leggere la prima pagina per capire a cosa si riferiva e che questo libro avrebbe segnato anche me.

Se non conoscete Fulvio dovete rimediare subito, qui trovate l’intervista che gli abbiamo fatto al WMF. Si capisce subito che da un suo libro emergerà sempre la sua personalità.

Dopo “L’iva funesta” (UTET, 2018), Fulvio si cimenta nel racconto che ci vuole vedere passare da P.Iva a Srl. Ma lo fa con un incipit non a caso: “Si chiama impresa perché è difficile, e ogni tanto – no, spesso — è facile sentirsi soli e senza una rotta. Perché, sorpresa, una rotta non c’è, ve la dovete inventare voi. “Il cammino si fa camminando” ed è prodigioso e terrificante insieme”.

I problemi immediati di chi apre un’impresa

Imparerai, leggendo il libro, che Fulvio non fa tanti giri di parole e non ama gli elenchi.

Fulvio Romanin affronta con lucidità e ironia una serie di scenari che ogni piccolo imprenditore potrebbe trovarsi ad affrontare. Situazioni che, purtroppo, non appartengono solo alla teoria: le riconosci perché ci sei già dentro fino al collo.

C’è chi scopre di essere nel posto sbagliato, chi propone qualcosa che esiste già ovunque, chi si accorge troppo tardi che il progetto non regge economicamente o che il mercato è crollato (con segnali che c’erano, ma che si è fatto finta di non vedere).

E poi c’è il momento in cui ti accorgi che non sei più solo. Il mercato si fa affollato, qualcuno arriva con più budget, più esperienza, o semplicemente più fiuto. Magari ti osserva da lontano, o magari no: ti supera senza nemmeno accorgersi che ci sei.


È dura da accettare, ma succede. E non è detto che sia colpa tua — a volte è solo il gioco, e il gioco cambia mentre stai ancora leggendo le regole..

Romanin non si limita a descrivere i problemi, ma prova a mettere in fila qualche spunto utile: capire dove puoi fare la differenza, evitare la trappola del prezzo basso, guardare in faccia la realtà anche quando è scomoda.

E infine, c’è la possibilità che tu sbagli tutto. E fallisca.
Che è una delle cose più probabili, ma anche una delle meno dette. Se sei un imprenditore, magari ti consoli con una risata amara e un nuovo progetto. Se sei un artigiano, la prendi meno con filosofia. In ogni caso, ti rimetti in piedi. Forse.

Romanin non edulcora nulla. Mette in fila cause, conseguenze e qualche riflessione utile per chi oggi fa impresa senza sponsor, senza paracadute e con la consapevolezza che l’imprevisto non è l’eccezione: è la regola.

Costruire un’impresa, con tutti i dubbi del caso

Nel mondo delle piccole imprese il vero problema non è (ancora) la concorrenza. Il problema reale, concreto, quotidiano, è iniziare a fare le cose senza studiare. Senza progettare. Senza sapere davvero come si fa. E quindi farle male.

Prima ancora di pensare a “battere i competitor”, dovresti chiederti: ma io, sono davvero concorrenza per qualcuno? La verità è che il mercato non ti guarda nemmeno, finché non inizi a fare le cose bene. Quando invece inizi a farle davvero bene, allora sì, che arrivano: sentono il profumo e si avvicinano come cani al barbecue.

Nel frattempo, però, tu sei lì, con il tuo biglietto da visita nuovo di zecca, il sito appena online, e quella vocina che ti sussurra: “Ma chi, io?”


Che tu ti definisca CEO, freelance, artigiana o professionista non cambia poi molto: all’inizio è normale sentirsi fuori posto, pieni di dubbi, convinti che prima o poi qualcuno si accorgerà che non ne sappiamo abbastanza.

È la sindrome dell’impostore — e prima o poi, arriva per tutti. Più ti muovi in contesti nuovi, più cresci, più collabori con persone brave e strutturate, più ti senti piccolo. È normale, e se non succede, forse qualcosa non va. La sindrome dell’impostore è la prova che stai entrando in campo. E l’impresa, sì, è proprio la Champions League dell’insicurezza.

Poi ci sono i soci. Anche lì: scegliere bene fa tutta la differenza. Non basta dividersi il carico di lavoro o avere chi mette i soldi. Serve capire in che direzione si va, chi fa cosa, chi prende le decisioni e cosa succede quando iniziano le prime discussioni. E succedono. Sempre.

E ancora: i viaggi di lavoro non sono una perdita di tempo, ma un investimento vero. Servono per capire dove si sta muovendo il mercato, incontrare fornitori, stringere accordi. E no, non è solo una scusa per scaricare le spese. È un modo per restare svegli, aggiornati, vivi.

La parte operativa è spesso quella più sottovalutata e più vitale: fare le presentazioni aziendali, definire listini e contratti, iscriversi dove serve, mettere in fila gli adempimenti, assicurarsi, ragionare su costi fissi, dipendenti, IVA, magari con lo stesso cognome. Sono le fondamenta. Nessuno le vede, ma se non ci sono, la casa crolla.

Tutto questo – dubbi, timori, organizzazione e scelte – è parte integrante del percorso. Se non li stai vivendo, probabilmente non hai ancora iniziato davvero.

It’s the money!

Già nel capitolo 2 si parla di soldi. Siamo italiani, fuggiamo dal discorso per retaggio culturale ma se vogliamo aprire un’azienda dobbiamo farlo. E dobbiamo farlo SUBITO, all’inizio.

Tra dipendenti, stipendi, liquiditá e come/quando farsi pagare dai clienti arriviamo a sua “excellenza” come la chiama Romanin: il foglio di calcolo che ci salverà la vita, il futuro e le finanze.

Se pensi che io sia in gradi di riassumere quel foglio mi hai sopravvalutata: non è proprio il mio mestiere capire excel. Fuggo da qualsiasi file. Quindi arriva a pagina 66 e lascia che sia Fulvio a spiegartelo.

Una volta capita e sbrigata la parte tecnica e pratica di partenza, vediamo la parte più divertente ma spesso più sottovalutata di tutte: immagine e comunicazione.

Loghi brutti, storytelling memorabile e marketing per principianti

Di loghi brutti non è morto nessuno, ma solo perché non è facile morire dissanguati partendo dagli occhi“. Ho letto questa frase in treno verso Roma, e per fortuna il vagone era vuoto perchè sono proprio scoppiata a ridere.

Forse qui siamo “tutti del mestiere”: per noi immagine e comunicazione sono al primo posto (spesso il posto sbagliato comunque). Ma non sono tutti cosi.

Pensa ad un piccolo imprenditore edile di provincia, ad una ferramenta, ad un agricoltore. Per loro il logo sarà quella cosa scritta sull’insegna e i bigliettini da visita; la brand identity una brutta parola. A loro servono i macchinari e i prodotti per lavorare. Il resto gli appare superfluo. È in quest’ambiente che si è sviluppata la specie nota ai più come “cugggggino”.

Parlando di Storytelling invece, la maggior parte delle aziende inoltre non ha una storia particolarmente memorabile. E va benissimo così. A noi esseri umani piacciono le storie. Ci piace raccontarle. Ci piace anche inventarle.

Ci piace molto parlare di noi, ma spesso ci dimentichiamo che parliamo ad altri. Per cui quando raccontiamo la nostra azienda dovremmo sempre ricordarci di raccontare i benefici di lavorare con noi, ad esempio, o i problemi che risolve o le esigenze di chi paga il nostro prodotto. 

Messo da parte lo storytelling, che è per pochi, la comunicazione è quella cosa che ti fa uscire dal tuo quartiere, che sia Roma, Milano, Brescia o il paesino di provincia. Ci puoi campare con un logo brutto, tranquillo. Anche senza sapere cosa sono Mission & Vision. Ma non ho usato a caso il termine “campare”. Ci sopravvivi; ma se vuoi crescere e prosperare devi puntate su altro.

Si può vivere senza marketing?

Domanda: Si può vivere senza Marketing. Risposta: Tutto è marketing. Ti basta? Fulvio nel libro ti spiega cos’è davvero “il marketing” per le aziende e le piccole imprese. Ma non te lo dice con i paroloni. Te lo dice in breve, senza peli sulla lingua (come suo solito), senza venderti niente; anzi, forse distruggendo qualche garage qua e là (se non capisci il riferimento, scrivici in DM sui social che te lo spieghiamo meglio).

Tutta questa parte (comunicazione & marketing) fa parte del “lavoro” di un’azienda; anche se molto spesso non viene percepito come “lavoro”. Chiedere a un qualsiasi SMM per averne la conferma.

Back to money: i conti.

Ma torniamo ai soldi, è inutile. I conti sono gli indicatori che ci dicono molto di più di quanto facciano le cifre stesse da cui sono composti. Assodato cos’è il fatturato, cioè i soldi che un’azienda chiede di pagare i propri clienti, il primo indicatore per capire come va un’azienda bene si chiama EBITDA e ci permette di capire quanto un’azienda guadagna davvero con la propria attività prima di sottrarre interesse su debito, tasse e ammortamenti.

Anzi, TI permette. Perchè lo devi sapere tu come va la tua azienda. Ma può esserti utile anche per capire come vanno le altre. Ma questo è un altro discorso e lo lascio al buon Fulvio nel capitolo 4.

Il tempo è una risorsa e ha un costo.

Ma torniamo alla parte del lavoro che nessuno, di nuovo, ti dice. Passerai la maggior parte del tuo tempo a “trattare” e gestire problemi/conflitti. VideoCall, telefonate, email: per un imprenditore il tempo passa cosi.

Quando parlo di “trattare” intendo proprio “fare il prezzo”. E qui c’è una massima nel libro che merita di essere riportata per intero: ”Non esiste un prezzo giusto per un servizio. Esiste il prezzo giusto per quel cliente”. A questa massima se ne aggiunge un’altra: “A volte è meglio non lavorare affatto che lavorare sottocosto”. Le userò come firma della mia email: messaggi subliminali, nemmeno tanto nascosti.

Il prezzo è la parte su cui più spesso il cliente si fissa ma non è minimamente l’unica parte della trattativa. È solo la più comprensibile di una serie di altre variabili come le tempistiche, le scadenze, i mezzi, la responsabilità, le penali, eccetera eccetera.

Quando si vendono prodotti, esistono molti indicatori che possono essere d’aiuto nel capire quale sia il prezzo giusto; quando si parla di servizi, la cosa è molto più complessa. Standardizzare il costo di un servizio è difficile, tanto più il servizio è specifico per il singolo cliente e personalizzato. 

Non esiste un prezzo giusto e sbagliato in modo assoluto e oggettivo. Nelle trattative entra sempre in gioco l’emotività. E i soldi ne generano molta. Ma Romanin nel libro vi spiega bene alcune tecniche per generare il vostro prezzo, e per negoziare (abituati a trattare sempre è la prima regola per me!).

Problemi: dividi ed impera

Siamo verso la fine di questo libro e la liste di cose da fare (bene) non si è ancora esaurita, anzi. 

Ogni volta che cambio pagina e che finisco un capitolo, penso che ormai “non ce ne sia più”. E invece no. Ce n’è ancora. Sono a pagina 175, sono quasi arrivata a Roma, e Fulvio continua a dirmi cose. Cose utili. Come la lista delle cose da fare per “scorporare” un progetto o quella per “perdere collaboratori in poche settimane”.

Però quello che mi ha “toccato” di più è stato il capitolo 7: io, noi, gli altri. Dice Fulvio: “io, dove si parla della cura di sé stessi e del proprio benessere personale; noi, dove si parla dei rapporti interpersonali all’interno dell’azienda, e ultimo ma non ultimo gli altri, cioè la difficilissima parte nella quale si parla di come gestire i rapporti con i clienti, dove “i clienti” è un intero spettro di umanità che si differenzia in mille rivoli e tipologie. Ogni singola persona è un universo a sé, ma, con umiltà e attenzione, qualcosa possiamo provare a schematizzare”.

Un capitolo umano, come gli altri. Con qualcosa in più. La visione di qualcuno che vuole parlarvi a cuore spalancato di errori e conseguenze. Come il Burnout, che arriva, per tutti, in  modo diverso ma arriva, in forme diverse ma arriva, con intensità diverse ma – indovinate un po’ – arriva.

L’ANSIA. Se ne parla, anche molto. Ma devo dire che qui Romanin si supera con i “cinque cavalieri dell’apocalisse”. Mi veniva quasi da piangere. Verrà anche a te. Credimi, leggilo.

Conclusioni del libro

Questo libro è per chi abbia già una Partita IVA e voglia sfruttare le (non poche) opportunità per crescere ancora e rendersi più forti nella propria professione creando un’impresa; ma è anche per chi, invece, è appena all’inizio e non ha ancora scelto la sua strada.

La partita IVA – specie il forfettario – è uno strumento fiscalmente vantaggioso, ma non necessariamente l’orizzonte più grande al quale dovrete e vorrete aspirare per il resto della vostra vita. Magari sei più ambizioso di così, e per fortuna.

Questo è un piccolo manuale pensato in primis per quelle che lo stato definisce “microimpresa” (due milioni di fatturato), e “piccola impresa” (fino a cinquanta dipendenti, sotto i 10 milioni): due mondi radicalmente diversi tra di loro.

Cosa ci troverai: storie (vere e simulate), esperienza, massime di vita, sincerità a pacchi, ottimismo misurato.

Cosa non ci troverai: la ricetta segreta per aprire una SRL, diventate milionari, vivere a Bali. 

Riuscirà davvero a convincerti a fare il grande passo? Questo dipende da te, non da lui. Lui ce l’ha messa tutta a darti le informazioni di cui hai bisogno per capirne qualcosa, ora sta a te decidere cosa fare della tua p.iva.

La lettura di questo libro è stata scorrevole. Nonostante il tema non sia dei più leggeri ed estivi (dato che è Giugno e io sogno solo le vacanze), questo libro mi ha accompagnato in un viaggio Brescia-Milano in un sabato molto caldo senza farmi pentire di aver lasciato Netflix chiuso. Grazie Fulvio per la compagnia.

Qui la sua intervista al WMF quando ci ha presentato il libro in anteprima. 

voto:

l'Autore

della recensione

Federica Mori – La Barbie Social
Laureata in Relazioni pubbliche e Pubblicità nel 2006, ho iniziato a lavorare poco dopo in una piccola agenzia di comunicazione a Brescia. Dal 2015 sono Freelance e mi sono dedicata al Social Media Marketing, senza però mai tralasciare il mio amore per l’Ufficio Stampa e le PR. Oggi sono Social Media Strategist e ADV Specialist: aiuto aziende e piccole realtà a usare i social per migliorare la propria presenza online.

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Laureata in Relazioni pubbliche e Pubblicità nel 2006, ho iniziato a lavorare poco dopo in una piccola agenzia di comunicazione a Brescia. Dal 2015 sono Freelance e mi sono dedicata al Social Media Marketing, senza però mai tralasciare il mio amore per l’Ufficio Stampa e le PR. Oggi sono Social Media Strategist e ADV Specialist: aiuto aziende e piccole realtà a usare i social per migliorare la propria presenza online.
Laureata in Relazioni pubbliche e Pubblicità nel 2006, ho iniziato a lavorare poco dopo in una piccola agenzia di comunicazione a Brescia. Dal 2015 sono Freelance e mi sono dedicata al Social Media Marketing, senza però mai tralasciare il mio amore per l’Ufficio Stampa e le PR. Oggi sono Social Media Strategist e ADV Specialist: aiuto aziende e piccole realtà a usare i social per migliorare la propria presenza online.

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