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Intervista a Renato Ravenda: il branding oggi e domani.

“Il branding non è un esercizio estetico. È una scelta di identità.”

Renato Ravenda non ha bisogno di troppi giri di parole: crede nella strategia, nella coerenza e nella forza delle idee ben strutturate. Consulente senior, imprenditore e formatore, da anni lavora al fianco di PMI, professionisti e realtà formative per guidare la costruzione (o la ricostruzione) di brand solidi e distintivi.

Dopo Comunicare Come e Brand Raptors, il suo nuovo libro Branding Aura è un manuale operativo che mette al centro l’identità e offre un metodo completo per chi vuole fare sul serio con il branding. 

In questa intervista abbiamo voluto approfondire la sua visione, il modello che propone e il futuro della comunicazione in un mondo sempre più affollato di contenuti e sempre più povero di senso.

Identità e branding: dove sta il problema?

Fare chiarezza su chi siamo sembra il passo più semplice, e invece è spesso il più complesso. Oggi si parla molto di storytelling, visual identity, campagne e touchpoint. Ma raramente si comincia da “chi sei davvero”. Secondo te, perché aziende e professionisti faticano ancora a lavorare seriamente sulla propria identità? È una questione culturale, di tempo, di competenza… o altro?

Secondo me è in parte una questione strutturale del nostro cervello che è rapidissimo nel giudicare ma pigro e svogliato nell’intraprendere attività di cui non coglie il beneficio immediato. E in parte un mix di quello che indicavi, tempo che manca sempre (a chi non sa organizzarlo), cultura (l’imprenditore, soprattutto nelle Pmi è in genere concentrato sul “fare” e distratto sulla pianificazione), e di competenze: queste ultime sono davvero importanti, ma per fortuna anche a portata di chiunque abbia voglia di approfondire. Branding Aura è nato proprio per una “spinta dal basso” da parte di imprenditori e manager che ho incontrato come Clienti o come “studenti” in corsi, webinar e consulenze. Ho creato un percorso semplice da capire e semplice da applicare: laborioso certo, ma necessario. Sono una persona pratica e diretta, spesso mi si accusa di essere troppo sintetico e di andare troppo velocemente dritto al punto – ma è il mio modo, e tanti invece mi apprezzano per questo. Quindi in Branding Aura ho ricreato questo mio modus operandi sacrificando la teoria al minimo indispensabile da sapere e ho invece creato 11 Canvas operativi da compilare, per rendere subito pratico e concreto quanto esposto. Un manuale operativo più che un libro, una sorta di binario da tenere sempre a portata di mano, utile non solo in fase di creazione ma anche poi ogni giorno nella quotidiana gestione della comunicazione del Brand.

Personal branding e Business branding: come gestirli?

Tratti il personal branding e il business branding con lo stesso metodo. Sempre più persone oggi lavorano tra i due piani: imprenditori che diventano brand, creator che aprono aziende. Dove finisce l’identità personale e inizia quella del brand? E quanto devono essere sovrapposte – o distinte?

Si, l’approccio in termini di “passaggi” è analogo. Ma tanti aspetti sono differenti tra le due dimensioni: un Brand costruito a tavolino per fare business su una particolare linea all’interno di un Brand globale strutturato come Branded House (marca ombrello) non può avere le stesse logiche di un singolo professionista che deve creare e promuovere il suo Brand personale. Infatti all’interno del libro Branding Aura evidenzio bene le differenze di approccio, ogni volta che è utile farlo. Ma ogni Brand, che sia personale o business, dovrà comunque tenere conto delle stesse variabili: l’identità, la percezione, la posizione nel mercato di riferimento, etc. E dovrà poi attivarsi per creare e gestire un dialogo verso un pubblico inizialmente indistinto che man mano si profilerà attraverso vari sistemi per approdare infine al dialogo diretto al singolo, equilibrando sempre l’essere e il fare, usando la voce e il tono di voce adeguati, etc.

Ecco perché ho creato la sequenza dell’ottaedro con gli 8 passaggi che sono:

1- L’IDENTITÀ,

2- DESTINATARI GLOBALI e IDEALI,

3- STRATEGIA di BUSINESS,

4- PERCEZIONE,

5- POSIZIONE,

6- IMMAGINE,

7- ESPOSIZIONE 1 a MOLTI,

8- ESPOSIZIONE 1 a 1.

Quale sarà il ruolo dell’intelligenza artificiale nel branding del futuro?

L’intelligenza artificiale può scrivere post, campagne, persino claim. Nel libro c’è una forte critica all’omologazione e all’inconsistenza. Oggi i contenuti si moltiplicano, ma non sempre convincono. Cosa resta davvero umano nel branding? Quale sarà il ruolo dell’intelligenza artificiale nel branding del futuro? E cosa non potranno mai sostituire?

La velocità di aggiornamento e implementazione dell’IA è esponenziale. Quanto possiamo esprimere o ipotizzare oggi sulle applicazioni, sarà probabilmente già superato tra 15 giorni. Non critico lo strumento in sé, anche se le dichiarazioni di alcuni CEO fanno pensare parecchio alla ripercussione sociale e lavorativa, all’enorme ondata che sta per arrivare e di cui pochi ancora si preoccupano. Ad esempio il CEO di Shopify non usa giri di parole quando afferma: “Prima di assumere qualcuno, dimostrami che il suo lavoro non può farlo un’IA”.

Ma più che le affermazioni di un CEO che probabilmente hanno sempre scopi secondari non palesi, a me preoccupa l’atteggiamento passivo delle persone. Si è partiti dall’effetto Google, senza scomodare le euristiche, quando le persone non impegnavano nemmeno un neurone tanto “lo trovo su gugol”. Adesso il dialogo con gli assistenti vocali come Gemini o similari è divenuta la nuova verità, perché è comoda e rapida, l’effetto IA è già più invasivo che mai. A livello professionale non mi stupisce quindi che alcuni imprenditori pensino di sostituire cervelli e braccia con abbonamenti ad IA. Questi strumenti andrebbero invece usati nella misura dei vantaggi che possono portare, ma andrebbero anche considerati per quello che sono, strumenti.

Brand Marketing Strategist

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