RECENSIONE DEL LIBRO

Vulnerabilità

Vulnerabilità-biancamaria-cavallini-franco-angeli

Editore:

Franco Angeli

autore

Biancamaria Cavallini

pubblicazione:

pagine:

Febbraio 2024

174

Autore

Biancamaria Cavallini

Editore

Franco Angeli

Pubblicazione

Febbraio 2024

Pagine

174

Prezzo

22,00

Autore

Biancamaria Cavallini

Pagine

174

Editore

Franco Angeli

Prezzo

22,00

Autore

Biancamaria Cavallini

Pubblicazione

Febbraio 2024

costo:

Editore

Franco Angeli

Pagine

174

22,00

L’obiettivo della collana “Voci del lavoro nuovo” curata da Silvia Zanella è cambiare il modo in cui si parla di lavoro. Nei luoghi di lavoro e fuori.

Secondo la direttrice editoriale il mondo del lavoro è rimasto senza parole. E il lemma vulnerabilità è uno di quelli che oggi manca.

Zanella ha chiesto a Biancamaria Cavallini, psicologa del lavoro, di fare a pezzi la vulnerabilità, analizzarla in profondità, presentarne le sfumature per aiutare le persone a mostrarsi vulnerabili al lavoro nel modo più adeguato al contesto e con il giusto equilibrio.

Perché la vulnerabilità è uno strumento potente per promuovere un ambiente di lavoro in cui è possibile esprimersi con maggiore libertà, per costruire fiducia e favorire l’innovazione, scrive Zanella nella prefazione di questo libro-guida.

Quando lo leggerai, capirai il motivo della definizione guida.

La vulnerabilità al lavoro è qui per restare”. Facciamo in modo che sia così. Approfondiamo il tema e vediamo come Cavallini presenta questa parola nel suo libro.

Lo scopo del libro Vulnerabilità

Il modo di lavorare, stare ed essere all’interno delle organizzazioni è cambiato. Le dinamiche del mondo del lavoro sono evolute insieme alle persone.

Sono cambiate, anche, le nostre esigenze come professioniste, professionisti. Sentiamo bisogni, urgenze e desideri diversi rispetto a quelli che provavamo una decina di anni fa.

Oggi, 2024, le organizzazioni riconoscono da un lato la soggettività dei singoli e dall’altro l’insieme di ruoli che ogni persona riveste nella sua vita: siamo adulti, collaboratori, collaboratrici, genitori, caregiver, figli, figlie, colleghi, colleghe, amici e amiche.

Le aziende sanno che c’è questa pluralità di ruoli ma hanno ancora uno sguardo troppo ristretto, limitato e tendono – una buona parte -, a separare due ambiti fondamentali dell’esistenza umana: la vita personale e il lavoro.

Se vogliamo potenziare il benessere all’interno delle organizzazioni è necessario cambiare prospettiva, ampliare lo sguardo, superare la linea netta dell’orizzonte.

Già nel 2022 Cavallini aveva elaborato il concetto di person integration, un pensiero che pone la persona al centro delle dinamiche relazionali.

Secondo questo sguardo per superare il concetto di conciliazione vita-lavoro è necessario integrare le due dimensioni senza separarle.

Person integration declina il soggetto volutamente al singolare (person) e lo pone al centro dell’equazione, perché le necessità e i vissuti individuali sono ciò da cui tutto si origina […] La psiche ha diritto a essere parte integrante delle attività lavorative”.

Un messaggio forte.

Lo scopo del libro è portare la vulnerabilità nel nostro ambiente di lavoro perché “condividere ciò che ci fa sentire esposti non solo ha il potere di farci stare bene, ma è anche in grado di far sentire accolte le altre persone”.

Il benessere personale e quello del gruppo sono un punto chiave della narrazione di Cavallini.

Per facilitare la comprensione di quanto sia importante proporre un ragionamento sulla vulnerabilità all’interno delle organizzazioni, l’autrice ha inserito nel libro alcune citazioni anonime tratte dalle riflessioni e dai pensieri della community di Will Media. Parole significative nelle quali ognuno e ognuna di noi può riconoscersi. Ti suggerisco di soffermarti su quei riquadri, quando leggerai il libro.

Quante forme di vulnerabilità ci sono?

Esistono due forme di vulnerabilità: fisica ed emotiva. La protagonista del libro è la seconda e imparerai a conoscerla, pagina dopo pagina, a volte anche facendo i conti con il tuo IO interiore e scavando nel profondo della tua identità.

È importante comprendere questa distinzione per non trascurare né l’una né l’altra e riconoscere con consapevolezza la vulnerabilità emotiva all’interno dei luoghi di lavoro.

Gli ostacoli della vulnerabilità

Come ogni protagonista di un racconto, anche la vulnerabilità incontra nel suo Viaggio dell’Eroe diversi ostacoli. Il percorso non è lineare.

Sono tre gli ostacoli organizzativi alla vulnerabilità individuati dall’autrice.

Il tabù culturale: il retaggio taylorista che spinge sotto la superficie.

La spinta sulla performance: l’orientamento al risultato a tutti i costi.

La mancanza di fiducia: per potersi esprimere al lavoro è necessario creare relazioni di fiducia.

La vulnerabilità è uno stato di esposizione emotiva: ha bisogno di un terreno empatico per germogliare”, ricorda Cavallini. E, oggi, nelle organizzazioni non esistono buone pratiche per sviluppare la fiducia.

Si crea un circolo vizioso nel quale l’organizzazione si difende dietro razionalità e oggettività, e le persone si difendono dietro alle maschere che indossano al lavoro per nascondere il sé, per evitare di mostrare le loro vulnerabilità.

La conseguenza? Nelle aziende mancano benessere, coinvolgimento e soddisfazione. Quindi, risultati.

Raccontare e raccontarsi

Chi si occupa di comunicazione suggerisce ai brand di impostare uno storytelling autentico. Cavallini propone un ragionamento simile: sottolinea l’importanza di raccontarsi ed esprimere la propria autenticità al lavoro, per migliorare il benessere psicologico e rendere l’ambiente organizzativo un luogo sicuro e accogliente.

Se essere autentici al lavoro comporta questi (e altri) vantaggi, perché fa così tanta paura?”.

I motivi risiedono negli ostacoli individuali che la vulnerabilità incontra lungo il suo cammino e, sommati a quelli organizzativi, complicano il viaggio.

Vediamo in sintesi quali sono.

1. La vergogna: tratteniamo le parole per timore di provare vergogna o imbarazzo. La vergogna è un’emozione secondaria che dipende dal contesto sociale e si sperimenta sia in presenza di altre persone (esposta) sia da soli (valutativa). Ha una funzione adattiva perché incoraggia la conformità sociale.

2. Il timore di deludere le aspettative: tendiamo a tacere ciò che siamo.

Secondo l’autrice, però, esporsi nell’ambiente di lavoro ha una serie di vantaggi. Prima di tutto permettiamo a colleghi e colleghe di approfondire il nostro carattere. E poi riduciamo la possibilità che le altre persone costruiscano una narrazione sbagliata su di noi, promuoviamo una comunicazione “sincera ed empatica” e riduciamo le incomprensioni.

3. La paura del giudizio è l’aspetto che ci rende più vulnerabili. L’autrice evidenzia la differenza sostanziale tra il giudizio di un giudice che, in tribunale, ha valore di sentenza, e il giudizio di un o una collega che resta un parere, un’opinione. Giusta o sbagliata non in senso assoluto ma secondo la persona giudicante.

Tendiamo, purtroppo, a interpretare i giudizi come sentenze e a vivere una condizione di bassa autostima e fiducia che porta a non esporsi per paura di essere giudicati, giudicate.

Quando limitiamo l’espressione di noi riduciamo le occasioni di confronto e feedback.

Non c’è nulla di più rivoluzionario che mostrarsi se stessi”, ricorda Cavallini. Ricordalo anche tu.

La sicurezza psicologica

L’autrice dedica un capitolo al legame tra “sicurezza psicologica, autenticità e libera espressione della propria vulnerabilità”.

Secondo lo studioso A. Edmonson la sicurezza psicologica è la condizione nella quale ci sentiamo sicure e sicuri di assumere i nostri rischi relazionali.

Nelle aziende in cui si manifesta la sicurezza psicologica le persone percepiscono meno lo stress, hanno più energia verso il lavoro, sono produttive e dimostrano un impegno maggiore. In questi ambienti cresce la soddisfazione.

Per favorire la sicurezza psicologica “… è necessario agire su più livelli, coinvolgendo tutta l’organizzazione”.

L’antropologo organizzativo Timothy Clark definisce la sicurezza psicologica come la cultura della vulnerabilità premiata. Sulla base di questa esplicazione, Cavallini presenta il suo modello a quattro step progressivi (che non spoilero qui), e l’elaborazione di una matrice che identifica i quattro scenari della vulnerabilità al lavoro.

Nello schema troviamo sull’asse dell’ascissa la sicurezza psicologica, sull’asse dell’ordinata l’espressione di sé. Ne derivano quattro situazioni.

  • La vulnerabilità premiata.
  • La ritrosia.
  • Gli atti di coraggio.
  • Le reazioni alla paura.

Trovi la descrizione dettagliata di ogni quadrante nel terzo capitolo del libro-guida scritto da Cavallini.

L’evoluzione della leadership

L’autrice propone un interessante affondo sul concetto di leadership: per introdurre l’argomento riporta un dialogo tra lei e un manager illuminato che mette in luce le difficoltà oggettive dell’essere leader oggi.

Viviamo in un contesto in cui le organizzazioni stanno cercando di ridefinire un nuovo modello di leadership, ma non sappiamo ancora con certezza da quali ingredienti debba essere composto.

Intelligenza emotiva, autoconsapevolezza, empatia, approccio all’ascolto, feedback, autenticità, vulnerabilità: come dosare questi elementi all’interno dell’approccio?

Oggi ancora manca un modello di leadership piantato nel presente, che traguardi il futuro. Siamo in una fase di sperimentazione costante, sicuri solo di ciò che ci lasciamo alle spalle” scrive l’autrice.

Dal 1841 a oggi sono stati proposti diversi modelli di leadership. A partire dal great man di T. Carlyle, abbiamo parlato di leadership come vocazione e stili di comportamento; leadership situazionale, poi transazionale e trasformazionale.

La complessità delle organizzazioni ha generato le definizioni più diverse: leadership partecipativa, carismatica, autentica, supportiva, etica, gentile, sostenibile e inclusiva.

Il primo modello orientato alle persone lo ha presentato Daniel Goleman con la sua intelligenza emotiva. Un buon punto di partenza. Peccato che, dopo l’intuizione dello psicologo, abbiamo assistito a una battuta d’arresto.

Attualmente, non esiste un modello di riferimento consolidato, sviluppato negli ultimi anni e riconosciuto dalla comunità professionale” scrive Cavallini. Quindi cosa succede?

Nelle organizzazioni di oggi i leader provano a mescolare più ingredienti, senza la certezza di sperimentare la ricetta giusta.

Che ruolo riveste la vulnerabilità nella leadership?

Un ruolo di rilievo perché le sole conoscenze, competenze e attitudini non sono più sufficienti.

Serve un saper sentire, un sapersi connettere con i bisogni e le necessità dei singoli, le loro paure, i loro vissuti psicologici ed emotivi. In definitiva: la loro vulnerabilità”, scrive Cavallini, che analizza con trasparenza i pro e i contro dell’essere leader vulnerabili, dell’aprirsi all’altro e di fronteggiare l’incertezza.

Praticare la vulnerabilità al lavoro porta con sé diversi vantaggi. Questa caratteristica del leader supporta la performance, favorisce i risultati, crea situazioni di coinvolgimento.

Sono tre secondo l’autrice i vantaggi che derivano dall’essere leader vulnerabili.

La coesione, intesa come opportunità di connettersi con le persone dell’azienda e rafforzare la dimensione di gruppo.

La chiarezza, il racconto esplicito degli obiettivi organizzativi, dei pensieri e delle emozioni per promuovere la trasparenza ed evitare incomprensioni.

L’apprendimento continuo e la creazione di luoghi nei quali promuovere la creatività e l’errore, dove tutti e tutte – leader compresi -, imparano ogni giorno.

I leader vulnerabili possono però trovare anche resistenze negli ambienti organizzativi. Quando la vulnerabilità non viene accolta o non è adeguata alla maturità del team, genera tre svantaggi.

Il contagio emotivo: le emozioni che esprime un manager possono essere contagiose e influenzare la capacità emotiva dell’organizzazione.

La perdita di credibilità: quando un leader esprime le sue emozioni e supera una certa soglia, può perdere autorevolezza di fronte alle sue persone.

La de-responsabilizzazione: “la vulnerabilità diventa strumentale” e le persone pensano che qualsiasi atteggiamento, anche l’errore, sia giustificabile.

Alla luce di vantaggi e svantaggi connessi alla vulnerabilità, l’autrice pone una questione di rilievo: abbiamo bisogno di leader vulnerabili?

Sì, certo. A una condizione. “Ma abbiamo ancora più bisogno di leader competenti e in grado di misurare la propria vulnerabilità e la capacità ricettiva delle proprie persone”.

Per trovare il punto di equilibrio, un leader ha il compito di analizzare il contesto in cui si trova e bilanciare due aspetti fondamentali: l’autoconsapevolezza e il senso del limite.

Con argomentazioni logiche, chiare e pulite, Cavallini diventa una guida e aiuta lettrici e lettori a comprendere quanto sia importante – per un leader -, essere consapevole di sé, conoscersi, riconoscere le proprie emozioni e approfondire la cultura emotiva del gruppo.

L’autrice insegna, con delicatezza e senza essere mai invadente, a trovare la giusta misura.

I luoghi di lavoro sono come giardini

Le aziende dovrebbero essere luoghi in cui coltivare talenti e relazioni, favorire la fioritura professionale, prendersi cura delle persone. Obiettivi che sembrano quasi utopia.

Ma Cavallini scende nel pratico e nell’ultima parte del libro indica quali strumenti le aziende e i leader hanno a disposizione per rendere le organizzazioni dei giardini rigogliosi.

Prima di tutto è necessario arginare quella che l’autrice chiama vulnerabilità contingente, una condizione provocata da cause esterne alle persone.

Attraverso l’analisi di sei differenti forme di vulnerabilità contingente – frutto della combinazione delle tre variabili essere, sentirsi e mostrarsi vulnerabili -, le organizzazioni hanno l’opportunità di leggere i comportamenti delle persone e capire la differenza tra vulnerabilità emotiva e contingente.

Quest’ultima deriva da tre incognite principali: di vita, psicologiche e sociali.

Scendiamo nel pratico: in che modo possiamo arginare la vulnerabilità contingente nei luoghi di lavoro? Nel libro troviamo tre soluzioni:

  • promuovere il benessere psicologico con attività di divulgazione, sensibilizzazione e formazione,
  • favorire l’inclusione delle minoranze (per esempio disabili, LGBT+) con corsi dedicati agli stereotipi, ai bias e ai pregiudizi,
  • garantire le politiche di conciliazione tra vita privata e lavorativa.

L’attività lavorativa ha il potere di far ammalare”, scrive l’autrice. Possiamo evitare che questo accada.

In secondo luogo, abbiamo bisogno di estirpare gli ostacoli organizzativi spiegati dall’autrice all’inizio del volume e sciogliere le resistenze organizzative che impediscono alla vulnerabilità emotiva di fiorire all’interno delle aziende.

Così nel libro troviamo gli antidoti:

  • al tabù culturale, attraverso la verbalizzazione della vulnerabilità,
  • alla spinta sulla performance, con soluzioni per ripensare gli spazi e i tempi di lavoro e l’inserimento di momenti dedicati alla relazione,
  • alla mancanza di fiducia, puntando sulla comunicazione interna e sulla promozione della sicurezza psicologica.

La necessità di ripensare le dinamiche organizzative e prestare maggiore attenzione alle relazioni nasce dal fatto che “Siamo di fronte a un mondo del lavoro che è ormai inesorabilmente cambiato… Ci troviamo nel mezzo, immersi nella trasformazione”.

Possiamo potenziare la vulnerabilità?

La riflessione con la quale l’autrice si avvia verso la conclusione del libro è significativa e stimolante.

Nella quotidianità compiamo una serie di gesti per mantenere una buona forma fisica: facciamo movimento o pratichiamo sport, curiamo l’alimentazione, andiamo dall’estetista.

Perché non prendiamo mai del tempo per allenare la mente?

Nelle nostre giornate mancano momenti informali e spontanei in cui ci prendiamo cura specificatamente del nostro mondo interiore” scrive Cavallini.

Come allenare la psiche?

Nel capitolo 6 di questo libro denso di contenuto l’autrice propone alcuni esercizi per imparare a praticare la vulnerabilità al lavoro e nutrire la mente:

1. praticare l’autoaccettazione,

2. il curriculum della vulnerabilità,

3. momento vulnerabilità,

4. il gioco delle parti,

5. un appuntamento con la vulnerabilità.

Nel manuale ci sono le indicazioni per mettere in pratica i cinque allenamenti e, nell’ultimo capitolo, anche dieci domande per ri-scoprirsi vulnerabili al lavoro.

Conclusioni del libro

Vulnerabilità è un libro che stimola la riflessione, il ragionamento, la costruzione del pensiero.

Con un approccio caratterizzato da freschezza e onestà Biancamaria (posso chiamarla per nome, ora?) ci prende per mano e accompagna lungo un viaggio introspettivo alla conoscenza delle nostre fragilità, dei nostri bisogni, delle nostre competenze nel mondo del lavoro.

Perché anche la vulnerabilità è una competenza trasversale. Da coltivare, innaffiare, far fiorire.

La scrittura dell’autrice è densa di parole significative, il linguaggio è alto ma chiaro, lo stile delicato e garbato, il tono di voce è caldo senza arrivare a essere mai troppo famigliare. L’autrice assume una postura priva di giudizio: ci mette a nostro agio in un ambiente sicuro.

E ci aiuta ad apprezzare il valore della vulnerabilità.

Il “lavoro nuovo” ha bisogno delle nostre vulnerabilità” scrive Biancamaria, “Abbiamo un’occasione unica di fronte a noi, in questa fase di profondo cambiamento: contribuire alla ridefinizione dei modelli e degli assetti organizzativi”.

Iniziamo adesso, facciamo il primo passo. A prescindere dalla tua posizione – manager, leader, collaboratore, libera o libero professionista -, scegli di leggere Vulnerabilità per dare valore al tuo ruolo e imparare ad accogliere te stessa, te stesso e le persone intorno a te.

Libri di marketing recensione

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Federica Trezza
Ciao sono Federica, scrivo, leggo e nuoto. Curo la Scrittura di contenuti digitali e tradizionali per professionisti e imprese che hanno bisogno di una penna agile, allenata ed entusiasta. Mi occupo dell’ideazione ex novo di testi per siti web e articoli del blog in ottica SEO. Realizzo progetti di comunicazione per i brand e li accompagno lungo un percorso di crescita che ha l’obiettivo di far acquisire alle persone maggiore consapevolezza su obiettivi, strategie, strumenti, canali e narrazione. Edito testi tradizionali e ottimizzo contenuti per il web in linea con la strategia SEO. Scrivo qualsiasi contenuto con un approccio da Ghostwriter e mi affianco ad autori e imprenditori che desiderano scrivere manuali o libri d’impresa. Per liberare la mente dai pensieri opprimenti e predispormi alla Scrittura, nuoto.

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