Muhammad Yunus, premio nobel per la pace 2006, lo ha definito come “il libro da leggere per chi desidera sviluppare un social business. Spero siate in molti a lasciarvi ispirare da questa sfida.”
Il libro si presenta come una guida, ma è frutto anch’esso di una storia. La storia dell’autrice Simona Sinesi e dell’impatto sociale che lei stessa ha voluto generare “per prima”, qualche tempo fa.
Simona si occupa di marketing e comunicazione da almeno un quarto di secolo e di social impact dal 2014, anno in cui ha fondato Never give up, una onlus dedicata ai disturbi alimentari, che le ha permesso di cominciare a “fare la sua parte”.
Un tema, quello dei disturbi alimentari, che ha riguardato anche me molto da vicino, in un’altra epoca della mia vita. Ne ho sofferto all’età di 20 anni, ed ho visto persone molto vicine a me soffrirne. Ma questa è un’altra storia. Ciò che conta in questo momento è l’impatto sociale che Simona è riuscita a generare e quello che ognuno di noi potrebbe decidere d’innescare.
Cos’è e cosa s’intende per impatto sociale?
Conosciuto anche con l’inglesismo social impact, quando si parla di questo termine riferito al mondo imprenditoriale, si intende l’operato in grado di generare un impatto positivo sulla società. Un impatto che costituisce l’obiettivo primario della stessa impresa.
Cosa non è l’impatto sociale
È bene sfatare subito alcuni luoghi comuni, o come li definisce la stessa autrice, falsi miti. Ed è bene farlo subito, altrimenti si rischia di non cogliere il cuore del libro.
- L’impatto sociale si occupa solo di sostenibilità ambientale, cambiamento climatico e di lotta alla fame e povertà nel mondo. Assolutamente no.
- È generato unicamente dalle organizzazioni no-profit. Assolutamente no.
- È una roba da sfigati. Assolutamente no.
L’impatto sociale dipende da noi e la spinta nasce parte da dentro
Alla base dell’impatto sociale c’è la voglia di generare cambiamento. Ma attenzione, cambiare non è semplice, perché presuppone cambiare abitudini sedimentate in anni di esistenza e attività. Per cui, poiché cambiare è una sfida, anche generare impatto sociale lo è di conseguenza. È importante, infine, essere consapevoli che l’impatto sociale dipende davvero da ognuno di noi. È nelle nostre mani, come lo stesso titolo del libro ci svela sin da subito.
Ma attenzione: le azioni sono sempre supportate da una spinta, un qualche cosa che preme, che dà il famoso LA. Gli imprenditori sociali sono mossi dalla spinta e dalla volontà di cambiamento, forze ed energie che molto spesso giungono da esperienze personali avute direttamente con il problema che si intende affrontare e risolvere con il proprio contributo. Non è sempre così, ma lo è molto spesso. Riflettete un attimo su questo meccanismo che probabilmente ognuno di noi ha sotto agli occhi nella propria comunità di appartenenza: persone care che scompaiono per una grave patologia o incidente, onlus che nasce con l’obiettivo di fare qualcosa di concreto e di dare un supporto a persone che si ritrovano a vivere situazioni similari.
Il punto di partenza degli imprenditori sociali e la teoria del Golden Circle di Sinek.
Durante la lettura di un buon libro è sempre bello ritrovare concetti affrontati da altri (grandi) autori e/o persone fonte d’ispirazione per l’umanità. I libri costruiscono una grande trama “invisibile” e sono molto spesso intrecciati tra di loro. È il caso del Golden Circle, teoria elaborata da Simon Sinek, che vi consiglio di approfondire, ovvio. Sul nostro blog il libro che ne parla è stato recensito da Luana e trovate la recensione qui.
Questa teoria si spiega molto bene con una figura: tre cerchi concentrici, uno che racchiude l’altro: Why – perché, How – come; What – cosa). Sinek afferma che le imprese, per distinguersi dalla massa, devono avere piena coscienza del proprio perché, comunicandolo al meglio. Le aziende che non partono dal perché, secondo il pensiero di Sinek, non sono destinate ad emergere ed essere vincenti. Volete un caso a titolo di esempio di un’azienda che è ben riuscita a partire dal perché? Apple.
Una nuova onda di impatto: da dove partire?
La reason why è mettere a disposizione della collettività il bagaglio professionale acquisito e sviluppato dalla stessa autrice, per consentire a chiunque abbia voglia di essere il motore di una nuova onda di impatto, di avere strumenti e indicazioni utili per partire con il proprio progetto.
Di fatto è una guida elaborata e perfezionata sulla base dell’esperienza e della professionalità di Simona.
Il testo si articola in 9 moduli, organizzati prendendo come riferimento i seguenti 4 punti cardinali:
- Who
- Why
- What
- How
Mi permetto di definirli punti cardinali perché consentono di capire quali siano i passaggi necessari per costruire (davvero) un’impresa sociale. Ma vediamo il dettaglio dei capitoli:
- Why e Who: nuovi tempi, nuova leadership – gli imprenditori e l’imprenditoria a impatto sociale.
- What: dall’analisi delle sfide sociali all’impatto.
- How: creare alleanze per l’impatto – coinvolgere gli stake holder per generare cambiamento sistemico.
- How: valutare l’impatto.
- How: finanziare l’impatto – costruire un social business model e attrarre donatori e investitori.
- How: presentare l’impatto – attrarre finanziamenti attraverso il perfect pitch.
- How: comunicare l’impatto – sensibilizzare, informare e coinvolgere attraverso l’advocacy e le campagne di comunicazione.
- How: crescere – scaling, replicating & transferring
- Who e What: 9+1
Storie straordinarie per chiudere in bellezza
L’ultimo capitolo è forse quello più bello. Lo dico perché le storie sono da sempre il motore dell’umanità e non c’è cosa più affascinante di leggere “il perché” di persone che nel corso del tempo hanno fatto la differenza grazie al proprio operato: Bill Drayton, Natsai Musarurwa, Scot e Jacq Tatelman, Daniel Epstein, Shiza Shahid, Josh Nesbit, Blake Mycoskie, Scott Harrison, Xavier Helgesen, Christopher Kreece Fuchs, Jeff Kurtzman, Muhammad Yunus.
Ho provato così a cercare nella mia memoria, un esempio che potesse essere calzante e significativo sul territorio nazionale. E mi è tornato il Signor Nico Acampora, fondatore di PizzAut. Un case di imprenditoria sociale piuttosto recente e meraviglioso, che ha fatto parlare di sé, candidato al premio “Miglior start up sociale dell’anno”, per il territorio Monza-Brianza, Como e Lecco (BtoB Awards) .
Questo libro mette voglia di far qualcosa, e probabilmente spinge chi già ha un progetto nel cassetto. Chiudo la recensione con 5 stelle e riportando questo paragrafo che in realtà ritroverete nelle primissime pagine del libro: “Se siete alla ricerca della straordinaria ordinarietà – come scrive Simona – in voi stessi e negli altri, se non vi accontentate di guardare il mondo che cambia, ma volete essere voi stessi artefici del cambiamento, questo è il libro per voi.”