Il Covid ha evidenziato i ritardi, enormi, tra l’Italia e la tecnologia, nonchè il rapporto che hanno gli italiani con essa. Se c’è una cosa che l’emergenza Covid ha messo in evidenza è proprio l’ineluttabilità del digitale, la fatale necessità che ci lega a esso, oggi.
“Il digitale non è una cassetta degli attrezzi. Un box di strumenti tecnologici. Il digitale non si identifica con le tecnologie digitali. Il digitale è una dimensione dell’essere. Il digitala è” – dice Anna Bisogno nella prefazione – “la logica culturale del nostro tempo. Noi siamo digitali, non usiamo il digitale, e tanto meno ne siamo asserviti. Il digitale va studiato in una dimensione umana, biologica, cognitiva, persino spirituale”.
Marketing e responsabilità
Fabrizio Todisco e Marianna Marcucci* invocano in questo loro libro un neo Rinascimento per la più antica e diffusa pratica umana: la comunicazione.
Chi si occupa di marketing ha una considerevole responsabilità nei confronti delle persone. È arrivato il momento di cambiare abitudini e linguaggi. Questa la premessa del libro.
I tempi che viviamo sono difficili e complessi in molteplici ambiti, compreso quello dell’informazione: ecco perché avere gli strumenti giusti per ascoltare e analizzare ciò che ci circonda diventa un’attività di vitale importanza, la sola in grado di costruire una strada che ci porti, nel futuro, a compiere meno sbagli di quanti ne compiamo oggigiorno. L’obiettivo degli autori con questo libro è “andare avanti”, parlare di ciò che sarà e lasciarsi alle spalle ciò che è stato.
Che cos’è la Marketification
C’è stato un tempo in cui il marketing aveva come scopo: quello di incrementare le vendite, la notorietà e la forza di un brand sul mercato. Ma negli ultimi 30 anni (almeno) abbiamo assistito ad un aumento esponenziale di azioni “di marketing” che sono diventate sempre più invadenti perdendo, allo stesso tempo, di efficacia.
Con il termine Marketification gli autori intendono “quel processo in cui ogni singola azione delle nostre vite diventa «marketing», in questo senso secondario, derivato e, se ci consentite, deleterio del concetto. Andare oltre la Marketification significa non votare tutto alla compravendita e alla pubblicità, ma creare valore mediante immaginari connettivi e collettivi”.
Il marketing non dovrebbe più mentire, illudere o vendere, ma connettere.
Negli anni abbiamo visto il marketing invadere la nostra vita. Seth Godin già nel 1999 chiedeva di passare ad un marketing più “gentile”, quello che chiede permesso prima di entrare. Quello che non interrompe in ogni momento, giusto o sbagliato che sia, ma quello che colpisce le persone giuste nel momento giusto. Ha funzionato, per un po’. Poi siamo tornati a essere bombardati di messaggi che in parte hanno comportato la crescita di una profonda diffidenza da parte del pubblico e del loro cambio relativo ai comportamenti d’acquisto.
Pensate a come poi la nascita dei Social Media ci ha nuovamente cambiati. Siamo diventati noi stessi un prodotto. Scrivono gli autori: “nel processo di Marketification che sta subendo la nostra società, tutto diventa merce e tutto è potenzialmente in vendita. [..] Le nostre vite sono in broadcast: una trasmissione in real time, una costante esposizione mediatica, che riceve e talvolta crea centinaia di messaggi al giorno. Il marketing è sempre intorno a noi:
in realtà a volte il marketing siamo noi. Siamo stati talmente esposti che non riusciamo più a riconoscerlo perché noi stessi, nel tempo, ne siamo diventati parte: basti pensare che, mentre prima potevamo solo ricevere e ascoltare in maniera passiva un messaggio, oggi possiamo contribuire a diffonderlo, e talvolta finanche diventare parte di una opinabile strategia che ci vede coinvolti nella creazione di messaggi che vanno oltre la vendita di un prodotto o servizio”.
Il marketing è una guerra
Per molti purtroppo il marketing è una guerra, dove il mercato è un campo di battaglia e le aziende concorrenti (i competitors) sono i nemici da combattere. Ma che senso ha tutto ciò? Vogliamo davvero continuare a lavorare sotto i bombardamenti si chiedono gli autori. Secondo loro infatti da qualche parte deve nascere un marketing diverso che non lancia bombe ma parole, messaggi in grado di far innamorare le persone, capace di portarle con se non in un’ottica di seduzione ma di libera scelta.
Ma tutto il marketing vien per nuocere? No, per fortuna. C’è un marketing che piace, che fa bene e che funziona sempre più efficacemente: quello che punta sulla condivisione di valori e sulla trasparenza, quello che a volte prende posizioni scomode, ma che in compenso parla in maniera chiara e decisa. Comprendere il “caos digitale” e coglierne le sfide è il nuovo obiettivo per coloro che si occupano di comunicazione e marketing. Bisogna pensare ad azioni in grado di guidare il cambiamento. Parlare di un brand deve significare parlare dei suoi valori, del suo stile, del suo carattere e della sua storia.
L’Illusion Marketing
Ho apprezzato, perchè lo condivido appieno, il capitolo dedicato al bad marketing, ai guru, agli “influencer” e alle false e illusorie promesse che internet ci vende oggi. Si parla dell’influenza del neuromarketing in questi ultimi anni e di come l’ecommerce o la vendita online NON siano sempre la risposta a tutto.
Il marketing giusto e il marketing sbagliato
“Il marketing giusto parla con le persone. Il marketing sbagliato parla alle persone. Il marketing giusto offre una visione del mondo. Il marketing sbagliato vende solo un prodotto. Il marketing giusto ha uno scopo. Il marketing sbagliato deve raggiungere un target. Il marketing giusto trasferisce fiducia. Il marketing cattivo transazioni. Il marketing giusto promuove valori. Il marketing sbagliato fa promozioni. Il marketing giusto seduce, emoziona. Il marketing sbagliato mira a vendere e basta. Il marketing giusto non parla mai di prezzo. Il marketing sbagliato menziona sempre e solo il prezzo. Il marketing giusto ispira. Il marketing sbagliato manipola.” Devo aggiungere altro? Non penso.
Gli ultimi capitolo sono proprio dedicati a come riportare al centro le persone, sul valore che può avere un emozione. Si parla del passaggio, dovuto, dalla Marketification al nuovo Umanesimo dal Marketing, un rinascimento 3.0 di cui abbiamo bisogno, e a come provare ad andare oltre il mondo Fake che oggi rappresenta una piaga sociale da non trascurare.
In conclusione
La conclusione, del libro e mia, è un manifesto con i 20 paradigmi del marketing che vorremmo (e pure qualche consiglio non richiesto).
Scegliete questo libro se volete leggere la verità su quello che abbiamo visto con i nostri occhi succedere negli ultimi anni, senza forse esserne consapevoli. I toni a tratti davvero pessimisti dei primi capitoli lasciano spazio ad una teoria di miglioramento in cui le aziende e noi per primi dobbiamo credere. Questo è un libro teorico che racchiude la storia del marketing come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi e come non vorremmo fosse più.
*Fabrizio Todisco e Marianna Marcucci sono co-founder di Invasioni Digitali, un progetto che ha rivoluzionato il destino di migliaia di luoghi culturali in Europa e nel mondo. Il progetto è diventato un movimento per la cultura e si è evoluto in una organizzazione che si occupa di promozione e valorizzazione del patrimonio culturale di ogni Paese, con particolare attenzione a quei luoghi e a quelle comunità che spesso rimangono in ombra. Un esempio è il progetto W4GEA-Young Women for Grass roots Engagement Actions, un progetto di capacity building che mira all’integrazione sociale e nel mercato del lavoro di giovani donne provenienti da aree svantaggiate o post belliche con scarse competenze di base, per lo sviluppo sostenibile delle comunità locali. Le giovani donne che vivono in Paesi postbellici o in Paesi che stanno affrontando una profonda trasformazione sociale diventeranno veri e propri attrici del cambiamento nelle loro comunità e Paesi, sperimentando la creazione di un progetto di base e acquisendo competenze che permetteranno di svilupparlo ulteriormente. Per maggiori informazioni potete visitare www.w4gea.eu