Sulla prima di copertina campeggia: “l’autobiografia del pubblicitario che insegnò i segreti del marketing a David Ogilvy”.
Un pre-titolo pieno di effetto e ricco di aspettativa. Non conoscevo Claude Hopkins e non avevo mai letto nemmeno l’altro suo testo, Scientific Advertising, considerato una pietra miliare in ambito advertising.
Libro pubblicato in lingua italiana circa 2 anni fa, la cui traduzione è stata curata (anch’essa) da Giò Fumagalli, mentre la recensione dalla collega di team Luana Vollero.
Ma torniamo a noi e a questo nuovo testo-bomba: le biografie mi hanno sempre affascinato, per cui l’ho scelto, l’ho letto, l’ho apprezzato e tra poco vi racconterò un po’ di dettagli.
Chi era Claude Hopkins
Americano, di madre Scozzese, classe 1866 (sì, avete letto proprio bene), visse fino al 1932. È considerato tutt’oggi uno dei padri della pubblicità moderna. Dal mio punto di vista lo definisco un assoluto pioniere, un innovatore e un attento sperimentatore.
Un genio che ha lasciato una grande eredità, ancora attuale a distanza di quasi un secolo dalla sua prima pubblicazione in lingua inglese (titolo originale “My life in advertising”, edito nel 1927)
Di cosa tratta il libro
Racconta dell’esperienza professionale vissuta da Hopkins in ambito Advertising tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo, di quale fosse la sua vocazione iniziale, di come fosse arrivato, tassello dopo tassello, errore dopo errore, ma anche intuizione dopo intuizione, a diventare il mostro sacro che con questo libro imparerete a conoscere.
Hopkins scrisse la sua biografia professionale con il preciso intento di lasciare un’eredità: “Ho scritto ciò che ho imparato al solo scopo di aiutare gli altri, così che essi possano partire da dove io sono arrivato, evitando di scalare le montagne che ho dovuto affrontare io.”
Chapeau. Questo signore, 100 anni fa, non scrisse la sua storia per fama o per denaro, scrisse per consentire a tutte le generazioni che lo hanno succeduto di progredire ed evolversi ulteriormente, partendo da dove lui era arrivato.
Nelle due pagine di prefazione del libro, scritte da lui stesso, troverete il suo perché.
Cosa mi ha lasciato questo libro?
Da ogni pagina, emerge la sua vocazione allo sperimentare e a correggere, se necessario, il tiro. Era un probabile esponente del partito “learning by doing” e disapprovava tutta la mole di insegnamenti teorici e prettamente accademici.
Il segreto, per Hopkins, era scendere sul campo, a contatto con la gente comune. Quella stessa gente che poi dovrebbe acquistare il nostro prodotto.
Questo signore, con i suoi insegnamenti dati dall’esperienza pratica e dallo spirito pragmatico, ha il potere di riportare i marketers con i piedi per terra.
Dimostra come l’analisi sia indispensabile per assumere decisioni e di come sia importante usare a proprio favore i dati che ne risultano.
Hopkins ci insegna che vendere usando la sola persuasione costa molto di più che vendere un buon articolo, poiché quest’ultimo riesce a vendersi da solo.
I grandi insegnamenti acquisiti da quest’uomo, lavoratore instancabile, sono tratti dalla quotidianità e dagli scambi con persone semplici.
Hopkins ci fa capire che la vita è fatta di opportunità che s’incastrano e si concatenano, perché intraviste e raccolte. Un esempio? Il suo incontro con Melville Reuben Bissel, che gli cambiò la vita. Imprenditore americano che inventò la moderna spazzatrice per tappeti.
Ci insegna a non arrendersi, anche quando gli altri ci deridono o ci snobbano per le nostre idee, o addirittura pensano che siamo dei folli.
Del resto, come egli stesso afferma a pagina 99: “ogni grande mossa che ho fatto nella vita è stata ridicolizzata e osteggiata dai miei amici. Le più grandi vittorie che ho raggiunto, nella felicità, nel denaro o nella soddisfazione personale, sono state realizzate in mezzo al disprezzo quasi universale.”
Quest’uomo è stato la tenacia fatta persona.
Ci dimostra la potenza dello storytelling: vedi il case history della birra Schiltz e dei fagioli in scatola Van Camp.
Ci mette in guardia dal non rispettare la promessa di prodotto e ci invita a percorrere la strada della trasparenza: caso delle auto Mitchel, docet.
Sottolinea l’importanza del giusto naming, a pagina 140.
Insegna a tutti quanti che la pubblicità non può cambiare le abitudini delle persone, vedi case history di Quacker Oats. Chi non consuma prodotti a base di farina di avena, non li consuma, stop. La conversione di nuovi utenti al consumo di un alimento sconosciuto è troppo costosa.
I prodotti andrebbero testati in alcune aree e andrebbero analizzati i risultati, prima di lanciarli sul mercato. I test ci salvano dai disastri e ci consentono di aggiustare la strategia.
Hopkins ci fa riflettere su pricing, promozione, prova del prodotto, distribuzione, target, copy, trade marketing. Tutto ciò raccontandoci fatti accaduti oltre 100 anni prima, durante la sua carriera professionale.
Credo che questo testo abbia una grandissima potenza educativa: sia a livello umano che professionale.
Trasmette dedizione, coraggio, rispetto, correttezza, intuizione.
Come si struttura il libro
Il libro, la cui introduzione è curata da Giò Fumagalli, si articola in 19 capitoli, ognuno dei quali ci lascia qualcosa di indelebile:
- Le prime influenze
- Lezioni di pubblicità e vendita
- Il mio inizio nel business
- Come ho iniziato nell’advertising
- Ampliare i territori
- Vendite personali
- Advertising per la medicina
- La mia esperienza a Liquozone
- Iniziano i miei 17 anni in agenzia
- Pubblicizzare automobili
- Advertising e pneumatici
- La primissima storia di Palmolive
- Cereali soffiati e Quaker Oats
- Pepsodent
- Alcune esperienze di vendita per corrispondenza
- Le ragioni del successo
- Scientific Advertising
- Il mio grande errore
- Informazioni personali
Conclusioni: questo libro va letto, punto. Vanno presi appunti, va decantato. Credo sia necessario anche leggere anche Scientific Advertising e Reason Why Advertising di John E. Kennedy.
A chi è rivolto: a chi lavora in agenzia, a tutti i marketers, a tutti i pubblicitari. A chi studia la pubblicità, a chi è curioso.
Quanto è pratico: super pratico (grazie ai vari case history presentati nella narrazione degli eventi) e molto scorrevole.
È da avere in libreria: sì, perché sarebbe imperdonabile non averlo.