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La felicità è una competenza. L’intervista a Simona Bargiacchi, una Chief Happiness Officer.

Felici a lavoro è possibile, oltreché auspicabile. Sì, perché la felicità dell’individuo lavoratore aumenta la produttività aziendale. Lo sapevi che per la propria salute è più importante il proprio capo anziché il medico di base? E lo sapevi che esiste una nuova figura manageriale in azienda dedicata a coltivare la felicità dei lavoratori in azienda? Si tratta della figura del Chief Happiness Officer e noi di Libri di Marketing, ne abbiamo intervistata una per fartela conoscere più da vicino.

Ho conosciuto Simona nel 2014, durante la mia precedente esperienza professionale in una multinazionale operante nel settore delle vernici per interni ed esterni. Simona oggi lavora ancora lì come Responsabile della Comunicazione Interna & Benessere delle persone e delle Relazioni con le Università.

Ho avuto modo di collaborarci in modo più stretto nel 2019, durante la fase iniziale del progetto di Employee Advocacy, in cui si promuove la partecipazione attiva delle persone nel processo di comunicazione interna ed esterna, attraverso la loro voce autentica e volontaria.

È una di quelle persone che noti subito, poiché emana vibrazioni positive e ti “avvolge” della sua energia, professionalità e carisma.

Se dovessi “riassumerla” in tre parole utilizzerei questi tre aggettivi: Innovatrice – Felice – Appassionata.

Simona Bargiacchi

Ecco l’intervista a una Chief Happiness Officer

Simona, tu hai conseguito di recente la certificazione di Chief Happiness Officer. Cosa ti ha spinto verso questo tipo di percorso formativo?
Ho sempre pensato che il lavoro non fosse solo un dovere, ma anche il luogo dove esprimere il nostro potenziale, crescere e trarne soddisfazione.
Per diffondere questa mia visione avevo bisogno di acquisire competenze e un metodo che mi consentisse di partire da principi di validità generale per adattarli al contesto in cui lavoro.
Sono convinta che con metodo si possano affrontare anche questioni ritenute “intangibili” o difficilmente misurabili come la felicità
.

Cosa ti ha lasciato?
La consapevolezza che la felicità, oltre ad essere un emozione, è una competenza che può essere allenata attraverso comportamenti consapevoli.

La figura del CHO è di stampo americano, un contesto un po’ diverso da quello Italiano. Credi che qua in Italia per le aziende i tempi siano maturi?
Da qualche anno il tema della felicità ha fatto breccia anche nel contesto italiano. Dopo le ricerche della psicologia positiva che hanno dimostrato la correlazione felicità /performances anche in Italia si lavora su questo aspetto.
Certo in Italia il termine felicità applicato al contesto lavorativo genera ancora molte resistenze, ecco perché spesso si sostituisce il termine e si parla di benessere
.

Secondo te per quale motivo spesso in azienda non viene data alcuna importanza al benessere psicofisico del lavoratore?
C’è ancora chi pensa di poter separare le sfere privato/lavorativo e considera il “lavoratore” separato dalla persona. La pandemia ci ha mostrato quanto questa visione non sia più attuale.

A tuo avviso cosa potremmo fare per diffondere l’importanza della felicità sul lavoro e la stretta correlazione con la Produttività?
Facile, diffondere i risultati delle ricerche della psicologia positiva!
La psicologa positiva usa termini semplici, accessibili anche ai non addetti ai lavori, per portare le ricerche accademiche alla portata di tutti.
Ti consiglio un paio di libri che non possono mancare ella libreria di chi vuole diffondere questa mentalità: “Il vantaggio della felicità” di Shawn Achor e “Più felice” di Tal Ben Shahar
.

Sei riuscita a portare le competenze acquisite con la certificazione anche nell’azienda in cui lavori? Se si, in che modo?
Certo. Sono team leader di un progetto che ha come obiettivo strategico quello di diventare
“un’organizzazione agile, inclusiva, sicura (fisicamente e psicologicamente) che genera motivazione e benessere per le persone e la comunità, dove tutti possono dare il meglio di sé e crescere continuamente”.
Ho impostato e sto seguendo questo progetto mettendo in pratica molte delle cose apprese, ad esempio facendo leva sul potere della gratitudine, sul celebrare i successi, sull’incoraggiare il “NOI” piuttosto che l’IO.
L’azienda non può distribuire “pacchetti di felicità” ma può creare le condizioni in cui le persone siano in grado di coltivare la propria felicità.
È un percorso che va alimentato giorno per giorno attraverso pratiche coerenti e concrete.

È un percorso che sentiresti di consigliare solo a chi lavora in ambito HR?
È un percorso fondamentale per chiunque voglia fare la differenza per sé stesso e per gli altri agendo da leader positivo.
Sono convinta che possiamo essere leader in ogni ruolo e fare la differenza in termini di felicità per noi stessi e per chi ci sta intorno.

Grazie Simona, sei stata preziosa! Un caloroso ringraziamento da parte mia e di tutto lo staff del blog libri di marketing per il tempo che ci hai dedicato e per i consigli di lettura che ci hai fornito.

Grazie a voi!

Vuoi entrare in contatto con Simona? Qui il link diretto al suo profilo Linkedin.

Se invece vuoi leggere la nostra recensione del libro “Chief Happiness Officer”, il futuro è delle organizzazioni positive, clicca qui.

La felicità sul posto di lavoro è un tema davvero importante!

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