Ho scelto “IL MITO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE” perché il titolo mi ha intrigato e perché mi ha dato l’impressione di un libro che voleva fare chiarezza sul reale stato delle cose nel campo dell’intelligenza Artificiale.
Speravo di trovare le risposte ai miei dubbi e alle paure generate da certi proclami che le macchine intelligenti causeranno la perdita di tanti posti di lavoro perché saranno in grado di pensare come noi e alla fine della lettura posso dire di aver sciolto i miei dubbi.
Due parole sull’autore
Se non lo conosci già, Erik J. Larson è un imprenditore ed informatico con un PhD in filosofia.
Ha fondato due start-up per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, si occupa di progetti inerenti l’elaborazione del linguaggio naturale e il machine learning.
In cosa consiste il mito dell’intelligenza artificiale?
Erik J. Larson lo chiarisce subito nell’introduzione del suo libro: “il mito non consiste nell’impossibilità di realizzare l’IA autentica. … Il mito consiste invece nella sua presunta inevitabilità, nel fatto che sia solo una questione di tempo, perché ormai abbiamo imboccato la strada che condurrà all’IA di livello umano e poi alla superintelligenza. Non è così. Quella strada esiste solo nella nostra immaginazione.”
Se deciderai di leggere questo libro avrai modo di leggere le argomentazioni stringenti con le quali Larson sostiene senza mezzi termini come non ci si trovi sul percorso giusto per sviluppare macchine intelligenti e questo perché si riesce a replicare, a livello di programmazione, il modo in cui il cervello umano formula congetture che prendono in considerazione il contesto e l’esperienza.
La cultura dell’AI e il problema dell’inferenza
Nella prima parte del libro l’autore cerca di chiarire come la cultura dell’IA, a partire proprio da Turing, abbia semplificato il discorso sulle persone e abbia invece magnificato quello relativo alla tecnologia con l’introduzione del concetto di ultra-intelligenza.
Turing aveva sintonizzato i suoi pensieri su una versione semplificata dell’intelligenza. Un errore madornale che è stato trasmesso a generazioni di studiosi di intelligenza artificiale fino ai nostri giorni.
Per Larson concepire l’intelligenza “come problem solving contribuisce a spiegare la produzione di applicazioni invariabilmente limitate dell’IA nella sua storia.”
Nella seconda parte del libro, “Il problema dell’inferenza”, Larson entra nel merito della questione sostenendo come “l’unico tipo di inferenza adeguato all’intelligenza artificiale di tipo umano è quello che non abbiamo idea di come programmare o progettare.”
Nella terza e ultima parte Larson mette in guardia dal prendere troppo sul serio il mito dell’intelligenza artificiale perché questo avrebbe conseguenze negative, in particolare perché “erode la cultura dell’intelligenza e dell’invenzione umana” che rimane necessaria più che mai per garantire quelle scoperte fondamentali per comprendere il nostro futuro.
Quando nasce il concetto di intelligenza artificiale?
L’inizio della storia dell’intelligenza artificiale può essere ricondotto alle idee di Alan Turing che nel 1950 pubblicò un articolo dal titolo “Computer Machinery and Intelligence” in cui esplorava la possibilità di realizzare macchine intelligenti.. quando i computer erano una novità e insignificanti rispetto agli standard odierni.
Sin dai tempi di Turing i sostenitori della tecnologia informatica hanno equiparato intelligenza artificiale e intelligenza umana, un qualcosa che per Larson è un grave errore e che ha viziato sin dall’inizio le ricerche nel campo della IA.
Il test di Turing
Conosci il test di Turing? Alan Turing ideò un test, che da allora si chiama “test di Turing”, in base al quale un giudice umano riceve una risposta dattilografata da un computer e da un essere umano e se non riesce ad identificare con certezza la risposta scritta dal computer, quest’ultimo supera il test ed in questo caso, sosteneva Turing, non sarebbe possibile non ritenere la macchina non intelligente.
La strada per l’intelligenza artificiale generale è ancora lontana
Perché saremmo ancora lontani dal trovare la strada per l’intelligenza artificiale generale, quella di tipo umano?
“In assenza di una scoperta fondamentale, l’IA attuale non ha modo di “evolvere” in intelligenza generale. Affermare semplicemente che “ci stiamo arrivando” è un fallimento scientifico e concettuale e alimenta ulteriormente la fiamma delle forze antiumane e antintellettuali apparentemente interessate a controllare e prevedere gli esiti per massimizzare i profitti a breve termine.”
Per Larson a cambiare il corso delle cose sono gli individui intelligenti e per rendere”il futuro più prevedibile è semplicemente quello di eliminare ogni valore attribuito all’intelligenza individuale.”

Quando avrai finito di leggere il libro, avrai avuto modo di conoscere meglio i tre tipi di inferenza che esistono e avrai avuto modo di apprendere come l’intelligenza artificiale classica abbia esplorato uno di questi (la deduzione), l’IA moderna abbia studiato un secondo (l’induzione), ma che al terzo tipo di inferenza (l’abduzione), che produce l’intelligenza generale nessuno stia lavorando.
È per questo motivo che Larson sostiene che non solo non è inevitabile arrivare all’intelligenza artificiale generale, ma che non sappiamo nemmeno dove sia questa strada.
Sono due gli aspetti importanti del mito dell’intelligenza artificiale che Erik Larson affronta nel suo libro, uno scientifico e uno culturale.
Per quanto riguarda quello scientifico Larson spiega, come, a suo avviso, sia un errore ipotizzare che si debba solo progredire sugli aspetti specifici dell’intelligenza in quanto qualsiasi successo relativo alle applicazioni limitate non ci avvicina di un passo all’intelligenza generale.
Da un punto di vista culturale mitizzare l’intelligenza artificiale è negativo perché maschera un mistero scientifico con la narrazione infinita di un progresso costante e alimenta la fiducia nel successo inevitabile facendo però male alla scienza, oltre che a noi.
A chi si rivolge questo libro?
Se sei una persona entusiasta per l’IA, ma ti domandi perché essa sia sempre dieci o vent’anni di là da venire, dovresti leggerlo.
Se invece sei fra coloro che ritengono ineluttabile il progresso dell’IA verso la superintelligenza e ti preoccupi per “il momento in cui si arriverà a quel punto”, dovresti leggerlo.
Infine, anche se sei semplicemente una persona curiosa ma confusa “dalle mistificazioni dell’IA diffuse nella nostra società” allora anche in questo caso dovresti leggerlo.
Se ti piace la filosofia e la matematica questo libro ti piacerà.
Se sei una persona curiosa di leggere un punto di vista “critico” sul tema dell’intelligenza artificiale ti consiglio proprio la lettura di questo libro. A me è piaciuto per questo secondo aspetto.
Voto 4,5 ma solo perchè una maggiore scioltezza nella narrazione renderebbe il libro “perfetto”
