RECENSIONE DEL LIBRO

Il giusto Errore

La scienza del fallire bene

Editore:

Egea

autore

Amy Edmondson

pubblicazione:

pagine:

Aprile 2024

336

Autore

Amy Edmondson

Editore

Egea

Pubblicazione

Aprile 2024

Pagine

336

Prezzo

34,90

Autore

Amy Edmondson

Pagine

336

Editore

Egea

Prezzo

34,90

Autore

Amy Edmondson

Pubblicazione

Aprile 2024

costo:

Editore

Egea

Pagine

336

34,90

Errare humanum est, perseverare autem diabolicum” diceva sant’Agostino.

A nessuno piace sbagliare, fallire. Ci arrabbiamo, siamo delusi, perdiamo fiducia (in noi e negli altri), ci provoca vergogna e rimorsi. E questo perchè viviamo in una cultura un cui sbagliare viene visto in modo negativo. Ma è sempre cosi? Amy Edmondson in questo suo ultimo libro ci racconta qualcosa di diverso. 

Oggi tra movimenti fail fast e la “moda” di vedere il fallimento come opportunità per apprendere e crescere, s’inserisce questo libro in cui l’autrice che parla dei fallimenti evitabili nelle organizzazioni complesse.

Tutti sbagliamo, è insito nella nostra natura. Ma non dobbiamo far diventare il fallimento di moda. Vero è che non tutti gli errori sono uguali per questo serve “una scienza che ci aiuti a classificare i fallimenti per poterli distinguere, riconoscere, trattarli in base alla loro natura e, poi, imparare da essi”.

Il libro infatti è proprio diviso in tre parti, che corrispondono a tre obiettivi che siamo invitati a raggiungere:

  • diminuire i fallimenti elementari, quelli causati da errori prevedibili fatti spesso perché siamo stanchi, disattenti. Chi non ha mai messo due riunioni alla stessa ora?? Questi sono gli errori da prevenire, quelli da cui non si impara niente se non ad ammettere la nostra colpa;
  • ridurre i fallimenti complessi, quelli con più cause. Vengono definiti “tempeste perfette”, ma anche le tempeste hanno la loro dose di prevenzione/previsione, ci sono segnali di avvertimento da cogliere;
  • dare più spazio possibile ai fallimenti intelligenti, quelli che portano alla scoperta e all’innovazione.

La scienza del fallimento ci insegna che la gestione intelligente dell’errore complesso è consapevolezza, prevenzione, responsabilità e ricerca. 

Fallire in modo intelligente

Ma cosa definisce “intelligente” un fallimento? L’autrice ci fornisce quattro indicazioni: è necessario un campo nuovo, il contesto deve presentare una grande opportunità, dobbiamo avere conoscenze disponibili e ipotesi su cui basarci, deve essere un fallimento con il miglior rapporto tra la dimensione e l’utilità.

Qual è il giusto tipo di errore?

“Si potrebbe pensare che il giusto tipo di errore sia semplicemente il fallimento più piccolo possibile. I grandi fallimenti sono da evitare, mentre i piccoli fallimenti sono positivi. Ma non è con le dimensioni che imparerete a fare distinzioni tra i fallimenti o a determinarne il valore. I fallimenti buoni sono quelli che apportano nuove e preziose informazioni – informazioni che semplicemente non si sarebbero potuto ottenere altrimenti.

Tutti i tipi di fallimenti offrono opportunità di apprendimento e di miglioramento. Per evitare di sprecare queste opportunità abbiamo bisogno di un insieme di competenze emotive, cognitive e interpersonali”.

Fallimento o sbaglio?

Per capire la distinzione usiamo le parole dell’autrice: “Per fallimento intendo un esito che si discosta dai risultati desiderati. In estrema sintesi, il fallimento è un insuccesso. Per sbaglio intendo deviazioni involontarie da standard prestabiliti, per esempio procedure, regolamenti o linee di condotta. (Mettere i cereali nel frigorifero e il latte nella credenza è uno sbaglio). Una caratteristica importante degli sbagli è che non sono intenzionali.”

La prima parte del libro è un’introduzione ai vari tipi di fallimento, con i concetti chiave della scienza del fallimento dell’autrice. I tre capitoli successivi analizzano i tre archetipi del fallimento di cui vi ho già parlato sopra (intelligente, elementare e complesso) mentre l’ultima parte è dedicata alle riflessioni dell’autrice su autoconsapevolezza, consapevolezza situazionale e sistematica; è questa la parte in cui si approfondiscono le tattiche e le abitudini che consentono di applicare la scienza del fallimento nel modo migliore.

Fallire bene, è possibile?

Ma partiamo da una domanda: Perché è così difficile fallire bene? Fallire bene è difficile per tre motivi: avversione, confusione e paura. L’avversione ha a che fare con la nostra risposta emotiva, istintiva al fallimento. La confusione emerge quando non abbiamo a disposizione un modello semplice e pratico con cui distinguere i vari tipi di fallimento mentre la paura insorge per effetto dello stigma sociale del fallimento.

Razionalmente sappiamo che il fallimento è parte inevitabile della vita, sicuramente una fonte di apprendimento e una condizione per crescere. Ma nonostante questo la nostra avversione al fallimento è reale. Tutti commettono errori, ma il fallimento e la colpa, soprattutto, sono della nostra cultura, in famiglia come sul lavoro. E qui subentra anche il concetto di “evitare la colpa” che spesso accresce la possibile di fallire, facendo diventare un piccolo fallimento in qualcosa di più grande. E l’esempio fatto nel libro è chiarissimo: quando decidiamo di non parlare al nostro capo di un problema che potrebbe far deragliare un progetto, trasformiamo un piccolo problema, potenzialmente risolvibile, in un fallimento maggiore pieno di implicazioni. Quante volte ci è successo? Stare zitti per non prenderci la colpa di qualcosa facendo progredire progetti che poi, ovvio, falliscono. Un ottimo punto di riflessione per me.

Reinquadrare il fallimento.

Arrivare secondi è peggio che arrivare terzi. Non lo dico io, lo leggerete nel libro. Cosa rende una medaglia di bronzo spesso più felice di una d’argento? Il fatto di aver inquadrato (o reinquadrato) il fallimento, e di aver capito come fallire bene. Banalmente: “Se vi aspettate di fare tutto alla perfezione o di vincere tutte le gare a cui decidete di partecipare, rimarrete delusi o sarete frustrati quando le cose andranno diversamente. Al contrario, se vi prefiggete di fare del vostro meglio accettando che potreste anche non conseguire tutto ciò che vi auspicate, è probabile che abbiate un rapporto più equilibrato e sano con il fallimento.”

I fallimenti non sono (quasi) mai divertenti, ma con la pratica (e con nuovi strumenti e intuizioni) possono diventare meno dolorosi e più proficui. La nostra avversione al fallimento spesso ci paralizza. Come uscirne? Sicuramente iniziando con la rielaborazione del fallimento e con la definizione di aspettative realistiche al riguardo. E con un punto fermo: i fallimenti sono una parte inevitabile del progresso.

Scorrendo il libro scoprirai cosa distingue un fallimento intelligente da uno elementare e quanto sono “temibili” quelli complessi. Leggerai di studi e casi in cui ruota tutto intorno ad un fallimento e delle conseguenze che ne sono derivate. Capirai come sono stati affrontati grossi fallimenti, a cosa sono serviti e come la tecnologia non sempre ci aiuti. Imparerai che nella pratica imparare dai fallimenti non è cosi facile, soprattutto quando non li ammettiamo o riconosciamo. Analizzerai come l’inconsapevolezza del contesto porta a fallimenti inevitabili mentre la sua consapevolezza permette di essere vigili (o di rilassarsi se non serve andare in ansia!).

Tra le tante storie che leggerete (e ne leggerete davvero tante) io ne ho scelta una, la mia preferita. Si tratta della storia di Barbe-Nicole, vedova Clicquot. Se il nome conosce ti ricorda qualcosa te lo confermo: stiamo parlando di Champagne. È stata lei, vedova a 27 anni, a mandare avanti la neonata azienda di famiglia creata con il marito pochi anni prima e a trasformarla, già nell’800, nell’azienda che oggi conosciamo. La sua è una storia di tenacia, e fallimenti. Di una donna che nel pieno delle guerre di Napoleone ha saputo sbagliare e cogliere opportunità, senza mai arrendersi. Mi è piaciuta molto la frase finale, che renderò mia e che ti regalo come augurio: “il legame tra lo champagne e i festeggiamenti ci aiuta anche a ricordare che tutti noi possiamo celebrare il fallimento come ingrediente di una vita piena e significativa”.

Conclusioni del libro

Questo libro ci spiega perché imparare dagli errori è così difficile da mettere in pratica nella nostra vita quotidiana e nel lavoro che facciamo. 

Non lasciarti ingannare dal titolo: la scienza di fallire bene si riferisce alle estenuanti ricerche dell’autrice sui fallimenti nella storia per ricavarne i tre tipi di fallimenti che hai già letto sopra, e che approfondirai nel libro. 

Non si intitola “la scienza per NON fallire”. Ci tengo a dirlo perché lo so che tu speri di trovare quello. E in parte lo troverai, perché avrai tutti gli ingredienti per capire come muoverti nel mondo analizzando sistemi, contenti, variabili e quant’altro. Ma ricorda sempre di partire dalla consapevolezza che fallire è umano, e tutti lo facciamo. Sta a te capire in che modo farlo però.

Il libro è ricco di storie. Ogni capitolo nasce dal racconto di un fallimento e prosegue poi con la sua analisi. Questo rende la lettura piacevole ma davvero fitta, perché in ogni riga ci troverai un insegnamento.

Non è una lettura per tutti. Sei davanti ad un libro impegnativo che ti saprà guidare, solo se sei disposto a lasciarglielo fare. 

È sicuramente un libro che consiglio ai manager, a che si trova tutti i giorni a prendere decisioni che possono cambiare le sorti di un’azienda. È una bellissima lettura anche per i giovani imprenditori e per chi ha, o sta aprendo, una start-up, perché ci troveranno una filosofia del fallimento che li aiuterà ad affrontare le sfide di questo mondo.

Come ultimo, lo consiglio chi in questo momento sta affrontando un “periodaccio”, chi si sente un “fallito” perché non è ANCORA riuscito a fare qualcosa di grande o importante nella sua vita o chi sta uscendo da un bel fallimento. Ecco, questo libro riequilibra proprio il concetto di fallimento rendendolo umano, come noi. Per cui se sei in questa situazione, corri in libreria o su Amazon e fai pace con te stesso.

Ti lascio con un’ultima cit. sportiva (d’altronde sport e vino sono due mie grandi passioni): “sbagli il 100% dei tiri che non fai.” Lo ha detto una super star dell’hockey canadese, Wayne Gretzky, ma non vale solo nello sport: se ci pensi bene vale nella vita di tutti i giorni.

Libri di marketing recensione

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Federica Mori – La Barbie Social
Laureata in Relazioni pubbliche e Pubblicità nel 2006, ho iniziato a lavorare poco dopo in una piccola agenzia di comunicazione a Brescia. Dal 2015 sono Freelance e mi sono dedicata al Social Media Marketing, senza però mai tralasciare il mio amore per l’Ufficio Stampa e le PR. Oggi sono Social Media Strategist e ADV Specialist: aiuto aziende e piccole realtà a usare i social per migliorare la propria presenza online.

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