Fenomeno moderno dei giorni giorni o situazione sempre esistita fin dall’impero Romano? Di STRESS si parla fin troppo in questi ultimi anni, ma non è che nel passato non esistesse. Anzi.
Nel suo ultimo libro la dott.ssa Faith G. Harper inizia proprio parlandoci della “storia” dello stress, di come è stato chiamato in mille modi diversi pensando di nascondere il problema (una rosa, anche con un’altro nome, profumerebbe lo stesso no? Cit l’amico Shakespeare), e di come possa essere positivo o negativo; siamo noi a deciderlo.
La prima cosa che scoprirei è il concetto di DISTRESS, che altro non è quando arriviamo all’esaurimento (delle risorse) e abbiamo bisogno d’aiuto perché da soli non ce la facciamo.
Dopo i primi capitoli in cui la scienza e la biologia la fanno da padrone per spiegarti, per filo e per segno, da dove arriva lo stress in termini anche medici, ecco che ci addentriamo nei modi in cui affrontalo.
Le strategie di coping
Partiamo dalla definizione che l’autrice da’ nel libro di “coping”: uno sforzo consapevole per utilizzare risorse al fine di gestire o alleviare i fattori di stress. Gli stressori sono sia interni (sotto forma di problemi di salute, flashback traumatici, tendenza al dialogo interiore negativo etc.) che esterni (cose brutte che ci capitano, tragedie altrui, tutte le cose folli che succedono nel mondo etc.).
Le strategie di coping sono gli strumenti che usiamo per gestire lo stress ed evitare di piombare a capofitto nel di-stress. Ci aiutano anche a negoziare con i nostri trigger e ad alleviare la reazione se veniamo innescati.
Le strategie di coping possono essere un qualunque modo, consapevole o meno, in cui reagiamo ai confitti interpersonali e intrapersonali per calmarci. Freud li chiamava: meccanismi difensivi; James Hollis oggi li definisce “sistemi automatici di gestione dell’ansia.
La seconda parte del libro è incentrata sul coping consapevole e pro attivo; sul modo in cui usiamo strategie di coping per riprenderci il potere in situazioni incredibilmente faticose e frustranti. Si tratta di modi di pensare, sentire e comportarsi in una condizione fisica di stress. Ma non è tutto così facile. Siamo pur sempre campioni mondiali, tutti nel nostro piccolo, di autosabotamento.
Dato il tenore del libro, a partire dal titolo e fino al linguaggio utilizzato (spesso scurrile), le definizioni delle strategie di coping dell’autrice sono perfettamente in tema:
- strategie per superare il brutto momento
- Strategie di judo interiore
- Strategie per alleviare lo schifo
- Strategie per trovare il pony in una montagna di cacca
Fa un po’ ridere, ma rende sicuramente l’idea del loro utilizzo.
L’addestramento dei Navy Seal
In America c’è un corpo super selezionato della Marina: i Navy Seal. Per arrivare a diventare un Seal ci sono mesi e mesi di corsi in cui più famoso è quello definito Basic Underwater Demolition.
È da questo corso che si è capito cosa caratterizza il 25% che lo supera dal 75% che lo molla: la forza mentale. E da qui ne sono nati 4 pilastri che anche l’autrice riporta perché comprendono tutte le categorie di coping da lei descritte e da cui trarre insegnamento.
Pilastro uno: definizione di obiettivi a brevissimo termine e molto specifici. Un po’ della serie: “finisco questo compito, e al resto penso dopo”.
Pilastro due: visualizzazione mentale positiva. Evitare di vedere il fallimento in pratica.
Pilastro tre: dialogo interiore positivo. I mantra ad esempio, o comunque una chiacchierata con noi stessi in cui ci diamo pacche sulle spalle per essere arrivati fin li.
Pilastri quattro: gestire l’autoattivazione (la produzione di cortisolo e adrenalina). Qui le tecniche di respirazione giocano un ruolo importante. La più utilizzata, perché semplice, è quella dei 4 secondi: inspirazione di quattro secondi, trattenuta di quattro secondi, espirazione di quattro secondi, trattenuta di quattro secondi.
Il diario della gratitudine
Per qualcuno è una grande str****ta, per altri la svolta. Esiste una quantità enorme di ricerche sulla gratitudine e sul suo ruolo per il nostro benessere mentale. Per esempio, la gratitudine ci aiuta a costruire relazioni più positive, allevia la depressione, aumenta la resilienza, migliora la salute fisica, riduce le emozioni interne tossiche (cioè aumenta l’empatia e mitiga la depressione), e migliora la qualità e la quantità del sonno (per citare solo alcuni risultati delle ricerche).
Come mai? “Il diario della gratitudine attiva due parti diverse del cervello, l’ipotalamo (il regolatore dello stress) e l’area tegmentale ventrale (l’attivatore del sistema della ricompensa). Perciò mentre riduciamo lo stress, creiamo la sensazione di aver vinto una (piccolissima) lotteria aumentando la serotonina e la dopamina (motivo per cui a-cuni ricercatori definiscono la gratitudine un “antidepressivo naturale”).”
Il diario della gratitudine serve a riallineare noi stessi con ciò che è importante, partendo dall’essere grati ogni giorno, di piccole cose: qualcosa che ci semplifica la vita, progetti futuri, la gentilezza degli altri.
Strategie di coping da usare subito
Il bello di questo libro, rispetto a tanti altri letti, è la sua praticità. Dal capitolo 5 in poi si passa all’azione. Le tecniche descritte, spesso passo passo, sono legate alle 4 categorie sopra e alcune sono davvero “semplici” e di uso immediato (come la respirazione quadrata dei Navy Seal).
Ad esempio, scorrendo le 46 tecniche per “superare il brutto momento”, mi sono chiesta come potessero essere cosi semplici e mi sono anche risposta: pensiamo talmente tanto, complicando tutto, che anche bere un bicchiere d’acqua non lo viviamo come la possibilità di reidratare il cervello oppure cantare una canzone ad alta voce un modo per staccarsi per 3 minuti dal mondo.
Ovvio, questo va bene in alcune situazioni, come appunto quando dobbiamo affrontare un brutto momento. Ma, in base alla situazione che stiamo vivendo, le strategie sono tante.
Allenamento al Mindset
Certo volte dobbiamo “spostare i pensieri”, riconoscere lo schifo che succede e prenderne le distanze, dice l’autrice. Cambiare il modo in cui percepiamo lo stress, è il primo passo. Se pensiamo allo stress in modo negativo questo si ripercuoterà, a cascata, sulla nostra vita.
L’esercizio di riformulare i nostri pensieri per passare dal sentirsi sopraffatti al prendere in mano la propria vita è noto come allenamento del mindset. L’atteggiamento mentale “giusto”, la curiositá e la neutralità, il self-coaching, la preghiera e la mediazione sono gli aspetti principali di questo allenamento.
Capito come alleviare il distress lavorando sui nostri pensieri-sentimenti, si passa a lavorare sul cambiare i comportamenti, cioè le cose pratiche che possiamo fare per gestire meglio quello che succede; in modo produttivo.
Sul finale del libro a tre argomenti molto in voga per chi fa il nostro lavoro: sto parlando di bornout, sindrome dell’impostore e autosabotaggio. Ti dicono qualcosa? Se la risposta è si, sentiti meno solo (ci passiamo tutti) e leggi il capitolo 8 per vedere queste situazioni con occhi diversi.

Questa collana di libri editi da Libreria Pienogiorno continua a stupirmi. La freschezza e la praticità con cui questi argomenti vengono trattati è il punto forte di libri come questo appena letto.
Il linguaggio è semplice e diretto, forse troppo se non amate parolacce celate da *** ma aiuta a vedere il libro più come una chiacchierata con un amico che la risposta di una psicoterapeuta ad una domanda.
In questo caso specifico, il libro è stata una piacevole lettura in un viaggio di due ore in aereo. Questo è solo il punto di partenza se vogliamo andare a lavorare sul nostro stress e le sue cause, ma è per dire che basta davvero poco per trovare, in poco più di 200 pagine, tanti consigli da mettere in pratica da subito, e altri su cui riflettere e iniziare a pensare in maniera più strutturata.
Un libro consigliato a chi almeno una volta al giorno pensa, o dice, di essere stressato. Almeno per due ore manda a quel paese lo stress e impara a vederlo con occhi nuovi.
