Nell’era delle grandi dimissioni e del quit quitting la capacità di attrarre e trattenere i migliori talenti è divenuta per le imprese una leva competitiva fondamentale.
Ecco perché si parla sempre più di Employer branding.
Secondo il Digital Branding Institute, le aziende con employer brand più forti ricevono più del doppio delle candidature rispetto alle aziende con una reputazione scarsa. Niente male!
Ma, come un’azienda dovrebbe promuoversi come luogo di lavoro? Ce lo spiega Antonio Incorvaia in “Employer Branding. Attrarre e coltivare talento in azienda in modo strategico e creativo”.
“Employer Branding” si articola in 5 capitoli nei quali teoria, casi reali ed interviste si fondono per guidare HR, marketing manager e imprenditori ad affrontare con efficacia le nuove sfide della ricerca dei talenti.
Valori ed Employee Value Proposition
Nel libro si parte dalle basi e in particolare da una domanda chiave che ogni imprenditore dovrebbe porsi: perché una persona dovrebbe essere orgogliosa di lavorare con te?
Fondamentali poi i valori e l’Employee Value Proposition (EVP). Una strategia di Employer Branding si fonda poi questi due elementi!
L’Employee Value Proposition (EVP) si compone a sua volta di scenario, valori, cultura e promessa e consente di arrivare a definire un vero e proprio Framework che include analisi, strategia, creatività e tracciamento.
“L’Employer Branding è innanzitutto la costruzione di una storia. Quella della nostra azienda e di tutti coloro che lavorano, hanno lavorato e lavoreranno con noi.” e tutto deve essere coerente!
Ricordiamo sempre quindi che l’efficacia di una strategia di employer branding non dipende solo da cosa comunichiamo sui nostri canali, ma è strettamente connessa con cosa comunicano i nostri emplyee sui loro.
L’analisi e la strategia di Employer Branding
“Prima di iniziare ad attuare qualsiasi attività strategica di Employer Branding, è necessario effettuare un’analisi strategica di: scenario, competitor, reputazione e dei diversi touchpoint online e offline.”
È solo dopo questa fase che saremo in grado di definire la strategia di employer branding stabilendo gli obiettivi che si intende raggiungere, il target da coinvolgere, i canali sui quali agganciare il target giusto, i messaggi chiave e infine le aree di azione.
Così se gli obiettivi sono principalmente quelli di attrattività, affezione e posizionamento, i canali che si possono attivare sono numerosi: dal carrer website, al blog, al social media, passando per le APP e le iniziative di PR.
“Affinchè una strategia di Employer Branding possa raggiungere gli obiettivi prefissati, è fondamentale che tutte le attività e le iniziative attraverso cui viene declinata, puntino ad evocare o far vivere un’esperienza”.
Ecco quindi che Incorvaia nell’ultimo capitolo riprende il Modello delle 3H di Google per applicarlo alle aree di azione dell’employer branding.
Secondo questo modello vi sono contenuti Hero, Hub ed Help (le 3H appunto). Mentre i primi hanno l’obiettivo di generare il massimo impatto emotivo, i contenuti Hub vogliono stimolare affezione o fidelizzazione, mentre i contenuti Help rispondono ad esigenze pratiche.
Indovina un po’? Anche in ambito Employer Branding, è opportuno produrre contenuti per ciascuna di queste tipologie.
A chi è rivolto? HR, Marketing manager e Imprenditori. L’alleato perfetto per chi vuole affrontare con successo le nuove sfide della ricerca dei talenti.
Quanto è pratico? “Employer Branding” è un manuale pratico che alterna nozioni teoriche a numerosi case study. Molto interessati le interviste e le testimonianze riportate.
È da avere in libreria? Sì. Non te ne pentirai!