Basta l’introduzione dello stesso libro di Alessandro Cravera a darvi un’idea di quello che ti ritroverai tra le mani.
“Viviamo in un contesto non lineare, imprevedibile, ambiguo e ricco di paradossi e trade-off. Ogni nostra decisione e azione entra in connessione con le altre e può potenzialmente riconfigurare il sistema entro cui agiamo. Senza una diffusa educazione alla complessità rischiamo che l’inconsapevolezza e la miopia delle nostre scelte individuali, anche apparentemente innocue e banali, possano determinare l’insorgere di conseguenze non solo locali – a noi vicine – ma anche globali.
Questo libro intende dare un contributo alla costruzione di una cultura e un’educazione alla complessità. Non solo per manager, politici e amministratori. Ma per chiunque voglia vivere più consapevolmente questa realtà così diversa dal passato.”
Cinque capitoli davvero ricchi di concetti che ti porteranno ad esplorare:
- la complessità del nostro mondo
- le strategie e gli approcci più funzionali ad affrontare sistemi e fenomeni ordinati e non ordinati
- il tema del pensiero complesso
- le nuove competenze che dovremo sviluppare per affrontare la complessità e l’evoluzione della leadership.
Viviamo un un mondo complesso
Siamo costantemente immersi in un mondo di informazioni e viviamo in perenne connessione con gli altri. Tutto quello che accade in una parte del mondo viene immediatamente rimbalzato nel resto del pianeta provocando emozioni, reazioni, influenze e generando conseguenze trimenti impensabili.
Tutto è iperconnesso e questa crescita di interconnessione e interdipendenza genera complessità e imprevedibilità. Il Novecento è stato il secolo in cui è emersa la consapevolezza che il mondo non è così ordinato come lo immaginavamo prima.
La differenza tra complesso e complicato
Il termine «complessità» deriva dal latino cum e plexus che significa «intrecciato», «tessuto insieme». Si ha complessità quando sono inseparabili i differenti elementi che costituiscono un tutto”.
Il termine «complesso» non va confuso con «complicato». Un fenomeno complicato, a differenza di quello complesso, presuppone una relazione stabile e lineare tra le variabili che lo compongono.
Pe semplificare, la complessità è lo stato normale e naturale delle cose. I sistemi complicati sono invece creati dall’uomo. Un uccello è complesso, un aeroplano è complicato: eppure tutti e due volano.
Non sono impazzita, leggendo capirete. Il primo capitolo è un concentrato di teorie e ricerche scientifiche; pagine un po’ complesse che servono a farti il “quadro” di quello di cui si parlerà dopo. Quindi non spaventarti e vai avanti.
Come affrontare sistemi ordinati e non ordinati
L’Ordinato può essere semplice o complicato. Il NON Ordinato invece può essere caotico o complesso.
Questa è una super veloce e riduttiva spiegazione che però ti aiuterà a capire quanto sta arrivando.
Comprendere la natura delle situazioni da affrontare consente di individuare la strategia più adatta al contesto.
Nei contesti definiti “semplici”, dove la relazione tra le variabili è stabile e le dinamiche sono vincolate, la strategia migliore è quella di adottare e seguire best practice. La soluzione è nota, basta applicarla.
Nei contesti complicati lo schema d’azione cambia. Quando la soluzione non è nota e deve essere individuata la strategia deve prevedere: analisi, pianificazione e implementazione.
I contesti complessi sono dinamici e non lineari. Non esiste pertanto una soluzione ottimale, ma solo soluzioni contestuali ed emergenti. La natura dei sistemi complessi manda in crisi il paradigma strategico classico visto sopra. Cosa fare quindi?
Seguire il consiglio di von Foerster: «Se vuoi vivere impara ad agire». Da Analisi-pianificazione-implementazione ed azione-apprendimento-adattamento.
I sistemi caotici, infine, richiedono uno schema d’azione ancora differente. Non essendo caratterizzati da stabilità o vincolo di sistema, la loro dinamica è totalmente imprevedibile. L’unica strategia prevede: azione e adattamento, in questo caso la velocità d’azione rappresenta l’aspetto principale.
Perchè sono arrivata a sintetizzare tutto questo? Perchè non avresti altrimenti capito il passaggio tra questi concetti e la vita aziendale.
Come si legge nel libro: “Pur dovendo affrontare situazioni che nella grande maggioranza dei casi hanno più a che fare con i sistemi non ordinati che con quelli ordinati, le imprese, le organizzazioni di vario genere e i governi, tendono ad applicare lo schema analisi-pianificazione-implementazione. […] L’armamentario di tecniche strategiche e tool analitici insegnati all’interno delle business school e oggi adottato dalle grandi società di consulenza è coerente per i sistemi ordinati ma risulta spesso inefficace se applicato ai sistemi non ordinati.” Cosa fare quindi? Che approccio usare? Finisci il capito due per capirlo!
Come “pensare bene”
Per gestire i fenomeni complessi dobbiamo iniziare a pensare bene. Ma cosa significa? L’aspetto più importante del pensare bene è pensare. Banale? In realtà no, perché siamo molto abituati a scorciatoie cognitive che ci portano ad automatismi e comportamenti inconsapevoli. Sappiamo tutti di vivere in un mondo di Bias che tendono a influenzare la nostra interpretazione della realtà e condizionare il nostro comportamento. Ma quali sono gli ostacoli del pensare bene in cui ci troviamo più spesso incappare?
- La mente abitudinaria
- La mente istintiva
- La mente conformista
Che cosa significa pensare bene e pensare male? Che cosa significa prendere una buona decisione in una situazione di alta complessità? Come posso prepararmi ad affrontare l’ignoto? Sono alcune delle domande a cui si cerca di dare una risposta.
Pensare bene significa ridurre lo spazio, cioè l’incertezza operazionale. Perchè grazie al nostro investimento in ridondanza cognitiva avremo valutato tutte le opzioni prima di prendere una scelta. Se non ci stai capendo nulla tranquillo, tutto normale. Cercare di spiegare questo libro è risultato molto complesso per me, più di leggerlo e capirlo. Sarà che gli esempi usati sono molto attuali, conosciuti e comprensibili ma ti assicuro che passato lo scoglio del primo capitolo poi è tutto in discesa.
Le competenze necessarie e i nuovi leader di oggi
L’Ultima nota prima di concludere è dedicata ai capitoli dove si parla delle competenze necessarie oggi, per muoversi nella complessità, e del bisogno di leader saggi per guidarci in questo mondo (di complessità). Un ottimo spunto per chi si occupa di HR e per chi vuole guidare un’azienda
Lo ammetto: questo non è un libro semplice. Non è quel libro che leggi distrattamente. Richiede attenzione e concentrazione, altrimenti rischi di non arrivare in fondo perdendoti tra teorie e spiegazioni.
È un libro però che ti apre la mente sul mondo di oggi e che ti spinge a pensare (e agire) in modo diverso.
L’obiettivo è quello di fornire le chiavi interpretative di questa nuova realtà e sviluppare le competenze e le strategie più adatte a vivere il mondo di oggi e di domani.
Per questo è sicuramente consigliato ad un pubblico abbastanza giovane, che ancora deve formarsi in ambito sia personale che professionale. Un pubblico che meglio capisce il mondo di oggi perchè ha meno retaggi da quello di ieri. Non per niente il libro è fatto anche in collaborazione SDA Bocconi School of Management.
Consigliarlo a tutti sarebbe dire una falsità. Io non mi sento di consigliarlo “a tutti”.
Fa per te se hai capito di non poter più usare i tuoi “schemi” per andare avanti e vuoi uscire da questa comfort zone fatta di best practice e automatismi. Se vuoi innovare la tua azienda dandole un approccio diverso, scegliendo persone con competenze trasversali che sappiano adeguarsi a questo e guidarle tu stesso nel cambiamento.