Il libro inizia con l’autrice che spiega come la pandemia abbia messo in discussione tutto e l’abbia spinta a rivalutare quanto sempre pensato. Ci siamo trovati tutti, a marzo scorso, a VIVERE sui nostri smartphone e pc molto più del solito, a consultare siti e scrollare pagine alla ricerca di informazioni in una ricerca bulimica dell’ultima notizia. I device e una buona connessione sono stati la nostra unica arma per combattere l’isolamento e restare attaccati al mondo che andava a pezzi.
Con che conseguenze? La pandemia, come dice l’autrice, è stata un esperimento sociale che ha messo sotto gli occhi di tutti gli effetti sulle nostre vite delle nuove tecnologie.
Il libro è una di quelle letture che rimetterà in discussione la vostra vita: vi troverete più volte a pensare “adesso mollo tutto, iPhone in primis”. Ma poi non lo farete, ve lo assicuro.
In questo viaggio tra ricerche e studi in giro per il mondo, l’autrice ci presenta quella che è oggi la situazione MONDIALE sul fronte tecnologia, e la risposta umana al progresso (che in fondo sembra più un “regresso”).
Già dal prologo ci troviamo davanti ad una semplice verità: tramite lo smartphone disimpariamo a pensare in maniera complessa. Quante volte non ci pensate nemmeno due secondi a googolare una cosa invece di fermarvi a pensare se la sapete, se ve la ricordate, se ci potete arrivare con la logica dei vostri neuroni e non con l’algoritmo di qualcun altro? Banalmente.. quante volte aprite la calcolatrice dell’iphone invece di fare i conti a mente perché è più semplice e veloce? Ecco.. nel libro ci sono studi ed esperimenti che dimostrano come il nostro cervello si sta in parte atrofizzando invece di arricchirsi. Siamo meno logici perché non sappiamo più usare la logica. Le nuove generazioni non sanno nemmeno più discutere una tesi, non hanno armi per argomentare perché il loro cervello non l’ha mai fatto.
Gli smartphone non sono solo diventati dispositivi in grado di semplificarci la vita, sono diventati la nostra “coperte di Linus”, i doudou con cui dormono i bambini per rilassarsi. Chi quando si sveglia la notte per prima cosa guarda il telefono? IO (e pure voi, non mentite). Oggi senza telefono aumenta la nostra angoscia di non sapere cosa sta succedendo. Si chiama Nomofobia (no mobile + phobia) ed è la paura di restare senza telefono. Quella che precede le altre paure e ansie che questo aggeggio ci procura (paure tipo la FOMO).
Ve lo anticipo: questo è un viaggio nell’ansia del nostro tempo. Quella di perderci una notifica, quella che ci fa sentire vibrare il telefono anche se non è vero, quella che ci distrae SEMPRE da quello che stiamo facendo, quella che ci sta rendendo sempre più incapaci di ricordarci le cose perché siamo bombardati di notizie che non assimiliamo.
8 secondi sono il risultato di uno studio della Tate Gallery di Londra su come e quanto ci fermiamo davanti alle opere d’arte nei musei: 8 secondi, appunto. Troppo poco? Direi di sì.
Pensate a cosa riuscite a fare voi in 8 secondi adesso. State leggendo quest’articolo, vi arriva un messaggio e guardate la notifica, se è una cosa importante rispondete veloci, tornate allo schermo ma a distrarvi è un’email, vi spostate per vedere se è urgente o potete finire di leggere.
Quante distrazioni ci sono nella nostra vita? Troppe. E il 90% arrivano da quel piccolo dispositivo sulla nostra scrivania, che sia in silenzioso, con lo schermo verso il basso oppure in tasca (perché così pensiamo di non distrarci): il solo fatto di saperlo vicino a noi ci distrae, e ci crea ansia. (Leggere il libro per leggere gli studi, che sono impressionanti)
8 secondi rappresentano oggi la nostra curva di attenzione abituale, il tempo medio dopo il quale la nostra mente perde il fuoco. Siamo dei pesciolini rossi (cit).
Questo ulteriore calcolo è stato forse una provocazione degli studiosi di Microsoft Canada ma i 40 secondi stimati dalla prof.ssa Gloria Mark sono reali. E cosa si riesce a fare con soli 40 secondi di attenzione? Poco nulla, non dite il contrario. Ma non riusciamo più a impiegare l’attenzione per un periodo più lungo. Se non è qualcosa a distrarci lo facciamo noi, da soli, perché ne abbiamo bisogno.
E volete sapere la cosa più importante? Ci vogliono 25minuti per recuperare l’attenzione. Eh si.. in questo studio io mi ci ritrovo perchè quando mi distraggo per rispondere a WA o a un’email poi, per riprendere il filo, ci impiego una vita. (Per questo scrivo le recensioni la domenica mattina, con il telefono spento).
Ecco, ora vi sento che state dicendo: “Si ma io sono MULTITASKING”. Smettetela di crederci. Il Multitasking non esiste. Esiste invece lo Task Switching ovvero passiamo da una task all’altra pensando di fare due cose insieme ma rassegniamoci, il nostro cervello non ne è in grado. Se le risonanze dimostrano che delle zone si attivo NELLO STESSO MOMENTO il nostro cervello tratta un compito alla volta. Passiamo da una cosa all’altra in un quarto di secondo, ma questo basta a spezzare l’attenzione e farci perdere informazioni. E quindi quando parlate al telefono mentre scrivete un’email e intanto buttate l’occhio su Facebook, due di quelle tre attività non le state davvero facendo. Infatti: cosa vi ha detto la persona al telefono? Cosa avete visto su Facebook? Cosa avete scritto nell’email? La vostra attenzione è passata da una task all’altra, ma vi siete persi pezzi di tutte e tre nel farlo. Perché ormai siamo abituati ad avere un’attenzione così bassa che nemmeno ci facciamo caso. E non ci rendiamo nemmeno conto dello STRESS che questa attività genera sul nostro organismo.
STRESS e ANSIA sono le parole più ricorrenti in questo libro. E hanno (almeno su di me) lo scopo di portare il lettore a interrogarsi su come sia la nostra vita oggi e su come, in pratica, ci facciamo male da soli. Non diamo tutta la colpa ai social network, a Zuckerberg o a Google.. ci mettiamo del nostro in questa spirale che ci sta rincoglionendo (termine non tecnico ne scientifico, ma spero che l’autrice me lo conceda).
Cosa comporta quest’aumento di adrenalina e cortisolo che ci stanno provocando stress inutile per la nostra salute? Uno stato d’ansia continuo non fa mai bene al corpo, danneggia gli organi, ma gli effetti veri li scopriremo solo tra 10 o vent’anni (e noi saremo di cavie dei futuri esperimenti). Sappiamo però gli effetti a breve termine: mancanza di sonno, mal di testa, depressione. Io ne ho due su tre.. se la pandemia continua conto di arrivare alla depressione a breve!
Potrei andare avanti ancora raccontandovi altre ricerche, come quella che ci vede tutti gobbi e depressi a causa della posizione che teniamo quando guardiamo il telefono. O quella che dice che ogni volta che deleghiamo ad una “macchina” una funzione umana stiamo rimuovendo una capacità dalla nostra vita e dal nostro cervello (l’esempio della calcolatrice e dei calcoli a mente rende bene). O quella sulla dipendenza da like in cui siamo caduti tutti almeno una volta, mentre guardavamo fissi il nostro post in attesa di un cuoricino in più che non vuole arrivare. E la parola “dipendenza” non è usata a caso.
Vi lascio scoprire TUTTO IL RESTO dal libro, perché vi assicuro che quello che ho riassunto e citato è solo una piccola parte.
Questo è un libro che consiglio a tutti, per capire come la tecnologia sta influenzando la nostra vita.
Poi possiamo anche continuare a vivere facendo finta di niente, ma almeno saremo un po’ più consapevoli di quello che ci sta succedendo e di quello che vedremo in un futuro nemmeno tanto prossimo.